Togliere alcuni denti per allinearne altri: quando è necessario?

Togliere alcuni denti per allinearne altri: quando è necessario?

Una delle frasi peggiori che un genitore possa sentirsi dire da un ortodontista è: “Dobbiamo togliere alcuni denti a suo figlio per poter allineare il suo sorriso“. D’altronde, nell’immaginario comune l’estrazione di un dente è associata al dolore e all’idea di un dentista pazzo che vuole toglierci i denti senza anestesia. La realtà, però, è un po’ diversa. Ogni dentista è consapevole che estrarre un dente è una soluzione estrema, da scegliere solo se non ci sono alternative. Se è vero che fino agli anni ’70 gli ortodontisti trattavano ben il 65% dei casi con estrazioni, ai giorni nostri questa percentuale è scesa al 10%. Eppure, esistono alcuni problemi di allineamento dentale (malocclusioni) che ancora oggi si possono risolvere solo togliendo alcuni denti. Queste problematiche si dividono in 3 tipi: dentali scheletriche profilometriche Motivi dentali Accavallamenti Molti pazienti hanno denti molto storti perché questi non trovano spazio a sufficienza nell’arcata: il risultato è che si accavallano tra loro (affollamento dentale). Nei bambini (7-9 anni) – se il problema è lieve – spesso non è necessario togliere i denti, perché si può guidare la crescita delle ossa in modo che lascino spazio ai futuri denti permanenti. Se invece l’affollamento è grave, purtroppo non c’è alternativa: bisogna operare alcune estrazioni per dare ai denti lo spazio di cui hanno bisogno. Problemi parodontali L’unico modo per raddrizzare i denti da adulti è spingerli un po’ verso l’esterno. Per fare questo, però, devono essere sostenuti da tanto osso e da una gengiva molto spessa. Quindi, chi ha gengive sottili e delicate, e magari è predisposto alla piorrea, purtroppo non possiede la protezione sufficiente per far sì che la radice rimanga all’interno dell’osso. Di conseguenza, anche in questo caso, per raddrizzare i denti sarà necessario toglierne alcuni. Denti Compromessi Nel mio studio, mi capita di accogliere bambini con denti disallineati e che presentano carie destruenti. In questi casi, purtroppo, l’estrazione è l’unica via percorribile. In realtà, spesso l’urgenza di estrarre denti compromessi può essere sfruttata per risolvere un affollamento dentale. Personalmente, mi è capitato più volte di trattare bambini con denti accavallati e con alcune radici danneggiate. Per risolvere queste situazioni, ho rimosso i denti compromessi e poi ho chiuso gli spazi rimasti, trasformando i canini in denti laterali e i premolari in canini. Così facendo, ho evitato al bambino di dover mettere un impianto dentale e – al contempo – sono riuscito a risolvere il suo affollamento. Motivi scheletrici Estrarre un dente diventa necessario anche di fronte a delle basi ossee mal posizionate. Ad esempio, quando i denti superiori sono molto sporgenti (“denti da castoro”) o quelli inferiori chiudono molto in avanti rispetto ai superiori (“denti da scimpanzé”). In questi casi, anche se a prima vista il problema sembra di tipo dentale, in realtà la malocclusione è causata da un cattivo posizionamento delle ossa. È un problema che può essere risolto in 2 modi, a seconda della sua gravità e dall’età del paziente: chirurgia ortognatica: a fine crescita del paziente (18 anni) – dopo aver posizionato i denti in modo ideale – viene chiamato un chirurgo maxillo facciale che corregge i problemi ossei; chirurgia estrattiva: si tolgono alcuni denti per creare lo spazio e far arretrare quelli sporgenti. In pratica, le estrazioni “camuffano” il problema scheletrico. Motivi profilometrici Alcune volte le ossa di per sé hanno un buon rapporto le une con le altre ma – per esigenze estetiche del paziente – si decide di intervenire comunque con un intervento ortodontico. Ci sono persone che – per esempio – hanno le arcate dentali ben rapportate tra loro, ma che si trovano in una posizione molto avanzata. Queste persone arrivano nel mio studio lamentandosi di avere una dentatura “da cavallo”, quella che noi ortodontisti chiamiamo biprotrusismo. In realtà, controllando la loro bocca, i denti risultano più o meno dritti: sono le basi ossee a essere entrambe troppo in avanti. Per risolvere queste casistiche, purtroppo bisogna ricorrere a delle estrazioni, che permettano di ridurre la percezione che i denti siano troppo avanzati.

Il tuo dentista non ti ha proposto Invisalign? Ecco perché

Il tuo dentista non ti ha proposto Invisalign? Ecco perché

Negli ultimi anni Invisalign è diventata la soluzione preferita da chi ha bisogno di raddrizzare i propri denti in modo efficace, ma senza farlo notare. Considerati i vantaggi che offre ai pazienti, è ormai un trattamento abbastanza diffuso tra gli studi dentistici di un certo livello. Eppure, esistono ancora delle resistenze verso questa tecnica, da parte di alcuni ortodontisti che continuano a consigliare ai propri pazienti l’ortodonzia tradizionale. Come si spiega il loro comportamento? Capiamolo in questo articolo. Mentalità dell’ortodontista Invisalign, come tutte le altre tecniche odontoiatriche, ha bisogno di un periodo di apprendimento teorico e pratico da parte dell’ortodontista. Purtroppo alcuni professionisti fanno fatica a passare a nuove sistematiche, soprattutto se quelle che conoscono già funzionano bene. Un medico di solito decide di adottare una nuova tecnica solo se percepisce che – rispetto alla precedente – questa è più: efficace: ovvero se offre migliori risultati, maggior comfort e minori complicazioni; efficiente: cioè se garantisce risultati soddisfacenti in un tempo inferiore rispetto all’altra; economica: se è meno costosa dell’altro sistema, a parità di efficacia ed efficienza. Se questa percezione manca, allora il professionista difficilmente farà lo sforzo di apprendere una tecnica nuova come Invisalign. Sforzo intellettuale maggiore Il trattamento con allineatori trasparenti deve essere pianificato nei minimi dettagli, ancora prima di iniziare la terapia alla poltrona. Un fattore che impegna molto l’ortodontista. I trattamenti classici, invece, sono più lineari. Si fa la diagnosi, poi il piano di trattamento, si sceglie l’apparecchiatura e quindi la si adatta in base alle reazioni che avvengono in bocca del paziente. Al contrario, Invisalign, richiede una pignoleria estrema, ancora prima di cominciare il trattamento vero e proprio. Da un lato ha il vantaggio di ridurre la parte manuale alla poltrona, ma dall’altro richiede all’ortodontista una concentrazione elevata fin dall’inizio. E non tutti sono disposti a sostenere questo stress fisico e intellettivo. Scarsa fiducia nella tecnica La terza barriera che impedisce ad alcuni ortodontisti di utilizzare questa tecnica è la scarsa fiducia verso di essa. Ogni medico quando si approccia a una nuova sistematica, all’inizio è pervaso dai dubbi: “Funzionerà? Non ho abbastanza esperienza. I miei pazienti saranno soddisfatti dei risultati?” Se il professionista non riesce a sciogliere questi nodi al più presto, in poco tempo tenderà ad abbandonare l’idea di imparare la sistematica. Questa scarsa fiducia dipende anche dal fatto che Invisalign è una tecnica relativamente giovane (1999), per cui non ha un’ampia letteratura alle spalle come le tecniche ortodontiche classiche, che esistono dagli anni ’50. Il caso specifico A volte il problema non dipende dalla scarsa volontà del medico di adottare una nuova tecnica, ma dai limiti della stessa. Invisalign è efficace in molti casi di disallineamento dentale e osseo, come il morso crociato, i denti sporgenti, l’affollamento dentale, l’agenesia e tanti altri ancora. Tuttavia, non è in grado di risolvere qualsiasi malocclusione. In alcuni casi, infatti, l’ortodontista vorrebbe utilizzarlo, ma non può, perché sarebbe inefficace. Per esempio, di fronte a malocclusioni molto accentuate, come il palato stretto grave e dei denti troppo sporgenti, il professionista è costretto a ricorrere a tecniche miste. Questi trattamenti ibridi prevedono l’integrazione di Invisalign con altri dispositivi ortodontici classici, come apparecchi fissi e miniviti. In alcuni casi, per evitare di complicare la vita a sé e al paziente, l’ortodontista non propone il trattamento con allineatori, ma consiglia di scegliere l’ortodonzia tradizionale. Per approfondire: “Quando non si può usare Invisalign?“ Conclusioni Abbiamo visto le 4 ragioni per cui alcuni ortodontisti non consigliano Invisalign come metodo per raddrizzare i denti disallineati. Se è vero che a volte questo sistema è inefficace, nella maggior parte dei casi sono gli odontoiatri che si rivelano un po’ resistenti al cambiamento. Dal canto mio, ho creduto in questa tecnica fin dai suoi albori, tanto che già dal 2002 mi sono accreditato come provider ufficiale Invisalign. Il punto è che oggi le esigenze estetiche dei pazienti sono molto più alte rispetto al passato. Per questo, credo sia un dovere dell’ortodontista offrire le soluzioni più estetiche e meno invasive disponibili sul mercato. E Invisalign è un punto di riferimento da questo punto di vista. Se sei interessato a raddrizzare i tuoi denti – o quelli di tuo figlio – prenota una visita in MP DENTAL STUDIO o visita la nostra pagina dedicata all’ortodonzia invisibile.

Impianto dentale fallito: le cause e cosa fare

Impianto dentale fallito

L’implantologia dentale è tra le riabilitazioni mediche più predicibili in assoluto. Si stima, infatti, che su 100 impianti inseriti, circa 97 di essi rimangano ben saldi in bocca per almeno 10 anni. L’essere umano, però, è un’insieme di variabili, ognuno con le proprie cellule, organi, sistemi e stili di vita, che possono favorire od ostacolare la riuscita del trattamento. Purtroppo, a volte, una combinazione sbagliata di questi fattori può provocare la perdita precoce degli impianti dentali. In questo articolo scoprirai i motivi che causano il fallimento di un impianto e cosa puoi fare perché questo accada. Cause del fallimento implantare Prima di cominciare, una premessa: il rigetto in implantologia non esiste. Questo termine si riferisce solo ai casi in cui l’organismo si ribella a un organo trapiantato. Ma gli impianti dentali non sono organi, bensì radici artificiali in titanio che vengono inseriti all’interno dell’osso. Può succedere, però, che questi dispositivi non riescano a integrarsi nel tessuto osseo, ovvero che non si realizzi il contatto intimo tra le parti. Questo può succedere in 2 diversi momenti: mancata integrazione precoce mancata integrazione tardiva Mancata integrazione precoce Entro 3-4 mesi dall’intervento chirurgico, un impianto dentale dovrebbe già essere ancorato all’osso in cui è inserito. Se questo non accade, è probabile che la radice artificiale non sia riuscita a integrarsi nel tessuto osseo, a causa di fattori come: infezioni durante il periodo di guarigione: possono verificarsi se non hai assunto gli antibiotici secondo le istruzioni del tuo implantologo, o se ha una resistenza batterica ad essi; stile di vita non sano: ad esempio, fumare molte sigarette ogni giorno riduce il flusso sanguigno verso i tessuti e impedisce così all’impianto di integrarsi; scarsa qualità dell’osso: la condizione necessaria che permette all’impianto di legarsi all’osso è che sia stabile all’interno di esso. Se hai un tessuto osseo troppo morbido, questo legame potrebbe non avvenire mai; masticare cibi duri: se nei primi mesi dopo l’intervento carichi l’impianto in modo anomalo – per esempio masticando cibi troppo duri – rischi di ostacolare l’integrazione. Mancata integrazione tardiva Quando gli impianti cominciano a essere instabili dopo i primi 3-4 mesi, si parla di mancata integrazione tardiva. Capita infatti che alcuni pazienti perdano i propri impianti dopo 2-5 anni, altri dopo 10, altri ancora dopo addirittura 15 anni dall’intervento chirurgico. Cosa provoca questo fallimento implantare a scopo ritardato? Spesso il colpevole è uno solo: la perimplantite, un’infiammazione cronica che aggredisce i tessuti attorno all’impianto. Puoi accorgerti di soffrirne se provi dolore quando mastichi, le tue gengive sanguinano di frequente e se senti che gli impianti si muovono. La perimplantite ha una componente genetica, ma spesso è favorita da una scarsa igiene orale, che rende vulnerabile i tessuti parodontali agli attacchi dei batteri patogeni. L’invecchiamento Esiste un altro fattore che può farti perdere l’impianto: l’invecchiamento. Tieni presente che tutti noi – in media – perdiamo 1-2 decimillimetri di osso in bocca ogni anno. Ciò dipende dal naturale processo di invecchiamento, che non risparmia neanche l’osso che sostiene i tuoi impianti. Dopo tanti anni, i tessuti possono riassorbirsi a tal punto che le radici in titanio non riescono più a sopportare la masticazione. Quindi, in questo caso non si può parlare di fallimento implantare vero e proprio, ma di naturale evoluzione degli eventi. Cosa fare per evitare il fallimento implantare Purtroppo, non è ancora stato inventato il modo per riavvolgere le lancette del tempo, ma puoi fare molte cose per evitare di perdere i tuoi impianti prima del previsto. La parola d’ordine è: prevenzione. Attraverso un programma di monitoraggio e mantenimento, puoi assicurare ai tuoi impianti una lunga vita e scongiurare il fallimento implantare. In MP DENTAL STUDIO, per esempio, attiviamo a tutti i nostri pazienti un minuzioso programma di esami, igieni orali e controlli periodici. Prima di cominciare a parlare di impianti, ti sottoponiamo a un check-up completo, per individuare possibili problemi e garantire una percentuale di successo più alta possibile. Dopo appena un mese dall’inserimento degli impianti, ti invitiamo a eseguire una serie di radiografie endorali, utili per intercettare eventuali riassorbimenti dell’osso. Nel corso degli anni, ti sottoponiamo a ulteriori radiografie e sondaggi parodontali, esami essenziali per verificare la presenza di mobilità dentale e recessioni gengivali. A tutti i nostri pazienti, poi, consigliamo almeno 2-3 sedute di igiene orale (o scaling), di cui almeno 1 con il laser. Quest’ultimo strumento si rivela particolarmente efficace, perché stimola i tessuti parodontali a rigenerarsi, favorendo il legame tra l’osso e gli impianti. Per saperne di più, visita la pagina dedicata a Smart Implant®, il nostro sistema implantologico digitale.

Protesi fissa: meglio su 4 o 6 impianti dentali?

Protesi fissa: meglio su 4 o 6 impianti dentali?

Arrivare al punto di dover rimpiazzare tutti i denti di un’arcata non è mai una bella situazione da affrontare. Oggi però, grazie a soluzioni come le protesi totali su impianti dentali, è possibile ritrovare un sorriso funzionale e dall’aspetto naturale. Le persone interessate a questo tipo di riabilitazione, a volte mi chiedono: “Quanti impianti sono necessari per sostenere la mia protesi fissa?” Questa domanda spesso nasconde la speranza di dover mettere il minor numero di impianti possibile, in modo da risparmiare sul trattamento. Purtroppo la questione non è così semplice. L’implantologia e l’anatomia hanno regole ben precise, che bisogna rispettare se l’obiettivo è ottenere una riabilitazione dentale duratura. Con questo presupposto, cercherò quindi di rispondere alla domanda: “Sono meglio 4 o 6 impianti per la mia protesi fissa?” Protesi totale su 4 impianti Il protocollo di riabilitazione fissa su 4 impianti (All on 4) fu inventato nel 2003 dal dottore portoghese Paulo Malò. Secondo questa impostazione, gli impianti dovrebbero essere considerati come le 4 gambe che sostengono un ideale tavolo (la protesi dentaria). Il successo di questo approccio è predicibile nell’immediato e nel corso del tempo solo a una condizione: che l’osso del paziente sia di qualità. Cosa significa? Significa che, se l’obiettivo è applicare subito la protesi sugli impianti – il cosiddetto carico immediato – è indispensabile che l’osso sia duro e di dimensioni sufficienti. Se questa condizione è presente, gli impianti possono raggiungere la cosiddetta stabilità primaria, che permette loro di integrarsi correttamente nel tessuto osseo. E se invece l’osso è di scarsa qualità, come ci si comporta? Protesi totale su 6 impianti In alcune situazioni, per esempio nell’arcata dentale superiore, l’osso ha volumi e densità insufficienti per mantenere stabili gli impianti al suo interno. Un po’ perché ci sono 2 cavità d’aria che occupano spazio (i seni mascellari), un po’ perché la mascella di natura è un osso tenero, a differenza della mandibola. Malò, consapevole di questi limiti anatomici, realizzò un nuovo protocollo basato su 6 impianti dentali (All on 6), dedicato a queste particolari situazioni. Quindi, secondo questo approccio, in tutti i casi in cui non c’è abbastanza quantità e qualità d’osso, è necessario mettere 6 impianti. Ad ogni modo, deve sempre essere presente la stabilità primaria degli impianti, affinché sia possibile eseguire il carico immediato. Meglio tanti o pochi impianti? Qualche anno fa conobbi Malò di persona e gli domandai: “Non è meglio mettere tanti impianti, invece che pochi?” Lui mi rispose che l’osso è un organo permaloso, che non è contento di essere bucherellato per poter inserire delle radici artificiali (gli impianti) al suo interno. È una filosofia condivisibile, soprattutto nei pazienti in età avanzata, con un’aspettativa di vita non lunghissima e con patologie che impongono un approccio poco invasivo. Tuttavia, a mio avviso non tiene in considerazione alcuni eventi negativi che possono accadere. Per esempio? Se io mettessi una protesi su 4 impianti e dopo un po’ perdessi una di queste 4 “gambe” – per colpa di infezioni o traumi – il mio “tavolo” farebbe fatica a rimanere stabile. A quel punto dovrei inserire un nuovo impianto, rifare il lavoro implanto-protesico da capo o scegliere un altro tipo di protesi, come quelle mobili supportate da impianti. La mia idea è che una riabilitazione protesica dovrebbe durare il più a lungo possibile: perciò, credo che inserire più di 4 impianti sia in ogni caso più corretto (quando possibile). Riabilitazioni su 2 o 3 impianti Ammetto che negli ultimi 5-6 anni alcuni studi dentistici hanno cominciato a proporre protesi dentarie supportate da soli 3 impianti, a volte anche 2. Non sono contrario alle innovazioni (anzi) e non posso dire a priori che queste nuove soluzioni non siano efficaci. Tuttavia, è oggettivo che non esistano ancora studi a lungo termine che garantiscano l’affidabilità di queste soluzioni “light”. Inoltre, rimane il problema che ho evidenziato prima: la protesi come farebbe a reggersi nel caso restassero solo 1 o 2 impianti? Questi approcci, secondo me, hanno senso in situazioni estreme. Ad esempio, quando il paziente – per motivi di salute – richiede un intervento implantologico non invasivo per ottenere una protesi fissa su impianti. Mi riferisco in particolare ai pazienti gravemente cardiopatici, o con gravi atrofie oppure che hanno subito trattamenti per tumori. Conclusioni Quindi, alla domanda iniziale “Quanti impianti dovrei mettere per la mia protesi fissa totale?”, la mia risposta è: dipende. La verità è che non si può dare una risposta standard: d’altronde noi – come studio dentistico – non fabbrichiamo tavoli, ma protesi dentarie su misura. E questo presuppone un’analisi approfondita, condotta con le più moderne tecnologie di implantologia digitale, e che considerino età, situazione ossea del paziente, tipo di protesi e tanti altri fattori. In ogni caso, quello che consiglio sempre ai miei pazienti è di puntare alla massima qualità. Più ci si avvicina all’ideale, più il lavoro protesico durerà a lungo. Quello che dovresti chiederti, quindi, non è tanto “quanti impianti dovrei mettere?”, bensì “qual è la soluzione che mi può permettere di avere un bel sorriso, masticare bene e – soprattutto – migliorare la qualità della mia vita?“.

Ortodonzia invisibile per bambini: la guida completa

Ortodonzia invisibile per bambini: la guida completa a Invisalign

Negli ultimi anni è aumentato il numero di genitori interessati ad avviare i propri figli all’ortodonzia invisibile (Invisalign). La grande comodità di questo sistema è ciò che ne ha decretato il successo. Si basa infatti su speciali mascherine trasparenti, che allineano i denti del bambino senza incidere sull’estetica del suo sorriso. Purtroppo online è difficile trovare informazioni dettagliate sull’argomento, in particolare sulla procedura a cui il piccolo paziente deve sottoporsi per raddrizzare i denti. In questo articolo ci siamo prefissati di colmare questa lacuna, creando una vera e propria guida per spiegarti tutte le fasi che tuo figlio dovrà affrontare nel suo percorso ortodontico. 1. Prima visita Durante un’igiene orale o un controllo, il pedontista può accorgersi che tuo figlio soffre di problemi di allineamento osseo o dentale (malocclusioni). Quando questo accade, nel nostro studio proponiamo ai genitori di sottoporre il proprio bambino a una visita ortodontica, per approfondire la questione. Individuata la tipologia del problema, avviamo uno studio dettagliato del suo caso, detto anche check-up ortodontico. 2. Check-up ortodontico In questa fase, analizziamo l’anatomia della bocca del bambino, per capire la posizione dei suoi denti in rapporto alla masticazione e alla struttura delle mascelle. Per farlo dobbiamo compiere 3 esami semplici ma approfonditi: esame fotografico; impronta digitale; radiografie. Esame fotografico Si tratta di una serie di fotografie del viso e della bocca, scattate da diverse angolazioni: davanti, di profilo, all’interno della bocca, e così via. È un passaggio importante, perché permette al nostro ortodontista di capire come il bambino chiude le arcate e quale forma hanno. Le fotografie sono essenziali anche perché forniscono utili informazioni sugli aspetti estetici del suo viso, come la linea delle labbra, i lineamenti e la posizione attuale dei suoi denti. Impronta digitale Fino a pochi anni fa, a questo punto il bambino avrebbe dovuto sottoporsi alla presa dell’impronta dentale tradizionale. Una momento temuto da molti piccoli pazienti per la sua scomodità. Infatti, rimanere diversi minuti con la bocca piena di materiale sgradevole spesso provoca conati di vomito e sensazioni di soffocamento. Per fortuna, oggi con l’impronta digitale questo problema non esiste più. Grazie a una sottile telecamera ad alta risoluzione, otteniamo un modello 3D delle sue arcate in soli 2 minuti e senza l’uso di paste invadenti. Quindi, tramite un software di intelligenza artificiale, mostriamo a te e a tuo figlio una simulazione virtuale che vi darà un’idea precisa dell’aspetto della sua dentatura alla fine del trattamento. È un’anteprima che non ha valenza diagnostica, ma può essere un prezioso incentivo per motivare tuo figlio a svolgere con diligenza il trattamento a casa. Per approfondire: “Ortodonzia digitale: più comfort anche per i bambini“ Radiografie Gli ultimi esami a cui il tuo bambino deve sottoporsi sono 2 radiografie, che sfruttano moderni apparecchi digitali a bassa emissione di raggi: panoramica: un esame utile per capire se ci sono denti in più o in meno, se alcuni non riescono a uscire o se sotto ad altri ci sono infezioni da trattare. teleradiografia: ci dice se ci sono malocclusioni scheletriche, cioè se le ossa superiori e inferiori si chiudono in armonia tra loro. Un’informazione preziosa, perché l’obiettivo dell’ortodonzia in fase di crescita è favorire lo sviluppo armonioso delle ossa, fare spazio ai denti ed evitare così di toglierne alcuni. Per saperne di più: “4 vantaggi dell’apparecchio trasparente per i bambini“ 3. Piano di trattamento I dati ricavati dai 3 esami vengono raccolti dal nostro ortodontista, che formulerà una diagnosi approfondita sui problemi presenti nella bocca del piccolo paziente. Lo stesso medico realizza poi un piano di trattamento: una sorta di bilancio nel quale valuterà le migliori soluzioni a questi problemi e le possibili alternative ad esse. Tramite una simulazione 3D, l’ortodontista può verificare il movimento dei denti in base a ciò che ha progettato e quindi accertarsi che il risultato del trattamento sia ottimale. 4. Seconda visita A questo punto, ti invitiamo di nuovo in studio, per discutere il piano di trattamento che abbiamo preparato per tuo figlio. Il nostro ortodontista ti mostrerà le problematiche presenti nella sua bocca, le relative cause e le soluzioni che proponiamo per risolverle. Per aiutarti a capire bene come si svolgerà la terapia, durante l’incontro ti faremo vedere una serie di animazioni 3D che mostrano l’evoluzione dei suoi denti nel corso del trattamento. Se l’anteprima del risultato finale non vi convince, tu e tuo figlio potrete proporre alcune modifiche, fino a ottenere la dentatura che più vi soddisfa (sempre che sia compatibile con un’occlusione ideale). Infine, se deciderete di accettare il piano di trattamento, invieremo subito tutti i dati necessari ai tecnici Invisalign, che realizzeranno il primo set di allineatori trasparenti. 5. Consegna del kit Invisalign Passate 3 settimane, ti richiamiamo in studio e consegniamo a tuo figlio la sua prima serie di mascherine trasparenti. Durante l’incontro, l’ortodontista gli insegnerà a togliere e mettere gli allineatori e a posizionare eventuali ausiliari (per esempio elastici) utili per potenziare l’efficacia dei dispositivi. Inoltre, ai denti da latte di tuo figlio verranno applicati alcuni attachment, delle piccole otturazioni trasparenti che migliorano l’aderenza delle mascherine agli elementi dentali. Sono elementi indispensabili, perché senza di essi i dispositivi non riuscirebbero ad aggrapparsi ai denti e quindi perderebbero parte della loro efficacia. In ogni caso, gli attachment non rovinano i denti, sono quasi invisibili e vengono rimossi alla fine del trattamento. 6. Controlli periodici All’inizio del il trattamento ortodontico, tuo figlio entrerà in un ciclo di controlli periodici: il primo appuntamento di controllo si svolgerà dopo 4 settimane. In MP DENTAL STUDIO preferiamo farlo così presto per assicurarci che il bambino abbia capito davvero cosa deve fare e se lo sta eseguendo con diligenza. Questo approccio ci permette di intercettare qualsiasi problema possa sorgere all’inizio della terapia ed evitare così di trascinarlo nel corso dei mesi. A tuo figlio forniremo 8 paia di allineatori, che dovrà sostituire ogni settimana. Quando avrà utilizzato tutti gli allineatori – dopo 8 settimane – lo inviteremo in studio per ulteriori controlli. 7. Fase di transizione A un certo punto del trattamento ortodontico,

Quando non si può usare Invisalign?

Quando non si può usare Invisalign?

Invisalign è un sistema innovativo che permette di raddrizzare i denti storti indossando comodi allineatori trasparenti e rimovibili. È una soluzione sempre più in voga tra gli adulti, perché così possono evitare di mettere un antiestetico apparecchio fisso. Ma è valida anche per i bambini, in quanto è efficace nei trattamenti di ortodonzia precoce. Tuttavia, come tutte le sistematiche, anche Invisalign ha dei limiti. Infatti, esistono alcuni casi in cui gli allineatori non si possono usare, perché non sono in grado di risolvere il problema del paziente. Quando non si può utilizzare Invisalign? Invisalign non si può applicare in tutti i casi in cui il paziente ha un mal posizionamento osseo molto importante. Quando i denti delle 2 arcate dentali non combaciano a causa di anomalie nella forma delle ossa (malocclusioni ossee), l’ortodonzia invisibile non può intervenire. Per fortuna sono situazioni molto rare, che si verificano in persone con gravi malformazioni e che comunque si possono risolvere con la chirurgia ortognatica. Quando Invisalign da solo non è efficace Oltre ai casi in cui Invisalign non si può applicare, ne esistono altri in cui è efficace solo se abbinato ad altri dispositivi ortodontici. Le mascherine trasparenti, per esempio, non sono sufficienti a risolvere malocclusioni molto accentuate, ma devono essere aiutate da altri dispositivi. Si tratta dei cosiddetti trattamenti ibridi. In queste terapie, il paziente deve portare per brevi periodi apparecchi, miniviti o altri dispositivi fissi prima, dopo o durante la terapia con gli allineatori trasparenti. Solo in questo modo il trattamento Invisalign può raggiungere i risultati previsti. Quali sono le malocclusioni che hanno bisogno di un intervento ibrido per essere risolte? Vediamole di seguito. 1. Palato stretto con grave contrazione Gli allineatori trasparenti si rivelano insufficienti nei casi di morso crociato bilaterale grave. Si verifica quando i denti superiori sono talmente sfasati rispetto a quelli inferiori che la parte esterna dei primi tocca l’estremità interna dei secondi (in entrambi i lati della bocca). In altre parole, è come se una scatola (l’arcata inferiore) avesse un coperchio (l’arcata superiore) più stretto della scatola stessa. Quando questo avviene, bisogna applicare un espansore palatale rapido, un apparecchio fisso che – incollato ai denti o stabilizzato con delle miniviti – allarga gradualmente l’osso mascellare. Solo in un secondo momento si potranno raddrizzare i denti con gli allineatori Invisalign, che hanno la funzione di rifinire l’espansione dentale. 2. Denti molto sporgenti Invisalign non è sufficiente anche nel caso in cui i denti sono molto sporgenti, ovvero se la mandibola (piano inferiore) è molto più corta della mascella (piano superiore). Si tratta comunque di eventualità estreme, cioè circostanze in cui nello spazio tra le 2 arcate ci starebbero tranquillamente 3 dita. In questi casi, a meno che non si voglia scegliere la strada della chirurgia, bisognerà purtroppo togliere alcuni denti. Dopo le estrazioni, si potrà proseguire il trattamento con gli allineatori trasparenti, potenziati da miniviti utili a chiudere gli spazi estrattivi. 3. Morso aperto anteriore grave Le mascherine invisibili da sole non sono in grado di risolvere neanche il morso aperto anteriore grave. Questa malocclusione si può notare quando i denti si chiudono bene dietro, ma davanti non si toccano, a tal punto da lasciare uno spazio di almeno 1 centimetro. È causata da malformazioni ossee e/o dentali, dovute al fatto che l’osso inferiore è cresciuto troppo velocemente verso il basso, o che l’osso superiore non è cresciuto in modo idoneo. Se tuo figlio ne soffre ed è ancora in fase di crescita, bisogna intervenire subito con gli allineatori trasparenti, in modo da migliorare la situazione in una prima fase. Poi però, per chiudere definitivamente il morso, tuo figlio dovrà indossare anche delle miniviti ortodontiche, sulle quali l’ortodontista potrà ancorarsi per completare l’allineamento dentale. Se invece sei tu a soffrire di morso aperto anteriore grave, purtroppo il trattamento potrebbe essere più complesso. Quando è un adulto a soffrire di questo problema, infatti, siamo costretti ad abbinare all’ortodonzia un trattamento chirurgico ortognatico, utile per correggere la posizione delle ossa prima di sistemare quella dei denti. Vuoi sapere se gli allineatori trasparenti sono adatti a te o a tuo figlio? Per scoprirlo, visita la pagina dedicata all‘ortodonzia invisibile oppure chiamaci al numero 045 6702400.

A cosa serve la protesi provvisoria su impianti dentali?

A cosa serve la protesi provvisoria su impianti dentali?

Stai per rimpiazzare un dente mancante con un impianto dentale? Forse il tuo dentista ti avrà già spiegato che dopo l’intervento dovrai portare una protesi provvisoria. Questo dispositivo può essere una capsula, un ponte o una protesi totale, a seconda del numero di denti che hai bisogno di sostituire. Dopo 4-6 mesi, la protesi definitiva prenderà il posto di quella provvisoria e rimarrà ancorata ai tuoi impianti per tanti anni. Ma a cosa serve esattamente il provvisorio? Sono 5 le funzioni essenziali che questo dispositivo ricopre: Guidare l’integrazione degli impianti nel carico immediato Per far sì che un impianto si integri correttamente nel tuo osso (osteointegrazione), è necessario che sia stabile all’interno di esso. È un po’ come quando ci si rompe un braccio: se non blocchiamo le 2 estremità fratturate, l’osso non guarirà mai. La stessa cosa vale anche per gli impianti dentali. Se continuano a muoversi a causa dalla masticazione, non potranno mai saldarsi bene all’interno dell’osso. Le protesi provvisorie, in particolare quelle estese come il Toronto Bridge, creano una sorta di blocco unico che: favorisce la stabilità di ogni singolo impianto; impedisce i movimenti deleteri per la loro integrazione. In pratica, quando parli, mastichi o deglutisci, questi provvisori impediscono agli impianti di “ballare”, aiutandoli a legarsi all’osso. Per approfondire: “Toronto Bridge a carico immediato“ Favorire la calcificazione dell’osso Torniamo all’esempio (un po’ macabro) del braccio rotto. Quando l’osso si aggiusta, bisogna fare un po’ di fisioterapia prima di tornare in palestra a sollevare pesi. Le protesi provvisorie hanno la stessa funzione degli esercizi che abituano il braccio a compiere i movimenti che faceva prima di rompersi. Infatti, sono composte da un materiale resino-composito morbido ed elastico, che distribuisce dolcemente la forza masticatoria attorno all’impianto dentale. Questo permette all’osso che ingloba l’impianto di addensarsi e calcificarsi gradualmente, proprio come fa la fisioterapia dopo una frattura. Così, quando sarà il momento di mettere la protesi definitiva – che è composta da un materiale più rigido – l’osso riuscirà a tollerare meglio il carico masticatorio maggiore. Guidare la guarigione dei tessuti molli Le protesi provvisorie sono preziose anche perché guidano la gengiva in modo che mantenga il suo aspetto originale. In che senso? Quando ti tolgono un dente, si forma buco che viene poi chiuso in modo lineare. La gengiva si appiattisce e non mantiene la sua tipica forma festonata (a U). Di conseguenza, quando poi metti l’impianto, la corona su di esso appoggerà su qualcosa di piatto, facendo sembrare il tuo dente troppo grande. Il che è esteticamente poco gradevole, soprattutto se l’elemento dentale si trova nella parte anteriore della tua bocca. Al contrario, se dopo l’estrazione metti subito un dente provvisorio, la gengiva ha qualcosa di concreto a cui aderire. In questo modo, riesce a conservare il suo aspetto iniziale. Abituare il paziente alla protesi definitiva Quando perdi 1 o più denti, tutte le strutture attorno al foro che si è creato si adattano al nuovo spazio. Ad esempio, il muscolo della guancia tende a occupare più spazio e la lingua si sente libera di distendersi e ricoprire quella posizione. Cosa succede se dopo 1-3 anni senza dente il tuo dentista te ne mette subito uno definitivo della stessa dimensione del precedente? La guancia e la lingua proveranno un forte senso di scomodità. Dopo anni in cui questi tessuti si erano abituati a essere liberi, ora si sentono ingabbiati, facendoti percepire qualcosa di anomalo, oltre che disagi nella masticazione. Utilizzando un provvisorio questo problema non sussiste. Perché? Prima si mette un dispositivo temporaneo molto piccolo e poi – nei mesi – si ingrandisce sempre di più fino a fargli raggiungere la dimensione del tuo futuro dente definitivo. In questo modo, la tua lingua e la tua guancia riescono ad adattarsi all’ingombro dei nuovi denti e così anche tu accetterai di buon grado le nuove strutture in bocca. Favorire la comunicazione medico-paziente Nel nostro studio dentistico progettiamo il sorriso dei pazienti attraverso un sistema digitale, che ci permette di individuare con precisione l’aspetto ideale dei loro denti futuri. Tuttavia, ogni paziente ha un’immagine di sé unica, che può essere diversa dai canoni estetici che abbiamo individuato al computer. Ad esempio, potresti avere un naso alla francese, ma non sentirtelo tuo. Potresti avere la pelle liscia come la seta, ma non sentirtela tua. Potresti avere dei denti bianchissimi, ma non sentirteli tuoi. In questo senso, la protesi provvisoria su impianti si rivela un valido strumento di comunicazione tra medico e paziente. Quando la indossi, infatti, puoi verificare su te stesso se l’aspetto dei denti che abbiamo progettato ti piace veramente. Se non ti convincono, puoi comunicarci tutte le modifiche che vuoi, dalla forma, al colore, alla posizione all’interno del tuo sorriso. Quando sei soddisfatto del risultato, realizziamo la tua protesi definitiva, trovando un compromesso tra le esigenze funzionali e quelle estetiche che tu stesso ci hai suggerito. Inoltre, quando possibile, operiamo le modifiche direttamente sul provvisorio, così puoi capire subito se i denti che avevi in mente li senti davvero “tuoi”.

Impianti dentali a 30 anni: perché non perdere tempo

Impianti dentali a 30 anni: perché non perdere tempo

Hai 30 anni e hai già dovuto togliere un dente? In media gli adulti affrontano la loro prima estrazione proprio intorno a quest’età, per cui non c’è nulla di strano se l’hai già fatto. Ora, però, è molto importante che cominci a pensare a come rimpiazzare il dente che hai perso. Il fattore tempo, infatti, in questi casi gioca un ruolo decisivo. Perché? Se aspetti troppo, l’osso si ritira Per esperienza personale, i pazienti trentenni raramente prendono sul serio la perdita di un dente. Per motivi di lavoro, per paura o perché le loro priorità di spesa sono altre, spesso rimandano all’infinito la sostituzione dell’elemento dentale. Ciò accade anche perché molti ignorano cosa succede all’osso nella zona dell’estrazione: si ritira velocemente, non essendo più stimolato dalla masticazione. E questa mancanza d’osso negli anni può complicare le future (possibili) estrazioni, oltre che le terapie per riabilitare la funzionalità e l’estetica del sorriso. Per approfondire: “Ti manca un dente da più di 1 anno? Ecco cosa rischi” Hai perso tempo? Ti restano 2 strade Se sei tra quelli che hanno rimandato l’incombenza di rimpiazzare l’elemento dentale, probabilmente buona parte del tuo osso si sarà già ritirato. Ora, se finalmente ti sei deciso a mettere un impianto dentale, purtroppo l’intervento potrebbe essere più complicato del previsto. La perdita d’osso, infatti, costringe l’implantologo a scegliere tra sole 2 strade: rigenerazione ossea; impianti dentali piccoli (o sottili). 1. Rigenerazione ossea Gli impianti dentali hanno bisogno di tessuto osseo a sufficienza per rimanere stabili: per cui, se ne hai perso molto, si può valutare di rigenerarlo. La rigenerazione ossea prevede l’inserimento di un biomateriale nella gengiva, in modo che stimoli la crescita di nuovo tessuto osseo. Completata la procedura – che dura mesi – l’implantologo sarà in grado di inserire le radici artificiali nel nuovo osso. Purtroppo, è un intervento che non si può applicare a tutti i pazienti e/o in tutte le zone, e non sempre si può prevederne il successo. Per approfondire: “Rigenerazione ossea: mettere gli impianti dentali quando sembra impossibile“ 2. Impianti dentali piccoli (o sottili) Se la rigenerazione non fosse possibile, una buona alternativa potrebbero essere gli impianti short o slim, ovvero più piccoli o sottili della radice che un tempo sosteneva il tuo dente. Una soluzione che nel breve periodo può essere valida, ma che con il passare del tempo può rivelarsi inaffidabile. Perché? Se dopo anni perdi altri denti, avrai bisogno di strutture protesiche complesse per riabilitare il tuo sorriso, ad esempio un ponte. Il problema è che gli impianti piccoli non è detto che siano in grado di reggere per lunghi periodi elementi così estesi, per cui dopo 10-20 anni la tua protesi potrebbe diventare molto instabile. Prevenire è meglio che curare Quelle che abbiamo visto sono 2 buone strade, ma sono più dei ripieghi che delle soluzioni vere e proprie. Quindi, la cosa migliore che può fare una persona che ha appena perso un dente è una sola: rimpiazzarlo al più presto, non appena viene estratto. In MP DENTAL STUDIO, quando possibile, consigliamo ai nostri pazienti di sottoporsi a un intervento di implantologia post-estrattiva. In pratica, la radice artificiale viene posizionata nel sito dell’estrazione in un unico intervento. Questo approccio permette: all’osso di essere sollecitato dalla masticazione, preservandone il volume; al paziente di avere impianti lunghi, che sono in grado di supportare in futuro strutture protesiche complesse ed estese (es. ponti); al paziente di evitare di essere operato 2 volte (estrazione e implantologia). Come evitare di perdere tempo? Come evitare di sottovalutare situazioni che richiedono l’estrazione di un dente? Come sapere in tempo se il tuo osso sta perdendo volume? Nel nostro studio invitiamo i nostri pazienti a eseguire visite periodiche, indispensabili per intercettare qualsiasi problema si possa presentare. Così, se il nostro specialista rileva che hai bisogno di rimuovere un dente – a causa di una carie distruente, una parodontite importante o traumi – può consigliarti le migliori modalità per rimpiazzarlo tempestivamente. Il nostro consiglio, quindi, è di non aspettare altro tempo e di prenotare una visita in MP DENTAL STUDIO: sapremo indicarti la strada più adatta per ripristinare l’estetica e la funzionalità del tuo sorriso. Prof. a c. Jamal Makarati

5 vantaggi dell’apparecchio trasparente per i bambini

5 vantaggi dell'apparecchio trasparente per i bambini

Gli allineatori trasparenti sono degli apparecchi ortodontici mobili che permettono di raddrizzare i denti senza dare nell’occhio. Le richieste di questa soluzione sono aumentate molto negli ultimi anni, soprattutto tra gli adulti desiderosi di ottenere un sorriso ordinato senza indossare un vistoso apparecchio fisso.   Pochi sanno, però, che questi dispositivi sono efficaci anche nelle terapie intercettive, ovvero nei trattamenti volti a favorire il corretto sviluppo dei denti e delle ossa del bambino.   Quindi, se hai intenzione di portare tuo figlio dal dentista per la sua prima visita ortodontica, ti sarà utile conoscere i 5 vantaggi degli apparecchi invisibili rispetto ai classici dispositivi fissi.   1. Più comfort per il bambino Gli apparecchi ortodontici tradizionali sono per lo più ingombranti e vengono realizzati con materiali scomodi, come la resina e il metallo.   A conferma di ciò, quando nel mio studio mostro ai genitori il dispositivo fisso che loro figlio dovrà portare, mi domandano preoccupati: “Ma come farà a portare una cosa del genere in bocca?“   E come dargli torto? Per esempio, l’attivatore di Teutscher è un apparecchio monoblocco in resina che costringe il piccolo paziente a chiudere i denti in una posizione avanzata, causando spesso fastidio.   Al contrario, gli allineatori trasparenti sono molto più confortevoli per 2 ragioni: non ingombrano, perché sono modellati sulla forma dei denti del bambino; vengono sostituiti tutte le settimane, e quindi imprimono delle forze molto graduali e dolci. Il risultato è che tutti sono contenti. Da un lato il bambino non sente dolore né fastidio, dall’altro i genitori non temono che loro figlio si senta a disagio.   2. Migliore igiene orale Gli apparecchi fissi sono molto efficaci nel correggere le malocclusioni, ma hanno uno svantaggio: spesso il cibo si incastra tra gli elementi che li compongono e i denti.   Per questo motivo, alcuni piccoli pazienti soffrono di gengive infiammate, proprio perché fanno fatica a mantenere i denti ben puliti.   Le mascherine trasparenti, invece, aiutano a mantenere un’ottima igiene orale, perché sono removibili e quindi permettono a spazzolino e filo di pulire tutti gli interstizi.   Inoltre, gli allineatori sono igienici anche per il semplice fatto che vanno sostituiti ogni settimana (o meno). Di conseguenza, non fanno in tempo a contaminarsi.   Insomma, con questi dispositivi tuo figlio avrà un’apparecchiatura sempre pulita, igienica e che non assorbe i batteri presenti nella sua bocca. Una cosa non da poco.   3. Nessun problema in caso di rottura Poniamo il caso che – insieme a tuo figlio – hai deciso di fargli indossare un apparecchio tradizionale e non gli allineatori trasparenti.   Nell’eventualità che il dispositivo si rompa, la riparazione potrebbe essere parecchio complicata. Perché?   Perché dovrai riconsegnare al più presto l’apparecchio allo studio dentistico e tuo figlio sarà costretto a interrompere il trattamento finché l’odontotecnico non lo avrà riparato.   Dopo 2-3 settimane, sistemato il dispositivo, bisognerà rimettere in moto la procedura, che potrà provocare fastidi al bambino, dato che ormai si sarà abituato a stare senza apparecchio.   Tutto questo non può accadere con gli allineatori trasparenti. Se dovessero rompersi, infatti, il problema sarebbe facilmente risolvibile. In che modo?   Basta che il bambino indossi la mascherina programmata per la settimana successiva. Una volta posizionata, al massimo potrebbe sentire tirare un po’ di più, ma nulla di insopportabile.   In questo modo, la rottura si risolve prontamente, senza costringerti ad andare dal dentista e facendoti risparmiare tempo e denaro.   4. Meno urgenze Se tuo figlio porta l’apparecchio fisso, avrà più probabilità di dover andare dal dentista per appuntamenti d’urgenza.   La resina si può scheggiare, i gancetti possono rompersi, l’archetto può pizzicare la guancia, e cosi via: tutte situazioni che ti costringono a portarlo d’urgenza dal dentista.   Gli allineatori trasparenti, al contrario, hanno meno probabilità di provocare tali eventualità, grazie alle caratteristiche che abbiamo visto finora: le forze leggere impediscono a tuo figlio di sentire fastidio o dolore; la migliore igiene orale riduce la possibilità di infiammazioni gengivali e carie; le rotture non causano un’interruzione del trattamento ortodontico. Minori urgenze, però, non implicano che l’ortodontista non vedrà mai tuo figlio. In MP DENTAL STUDIO, verifichiamo l’andamento del trattamento attraverso scrupolosi controlli periodici.   Durante questi appuntamenti, il nostro specialista controlla se i denti bambino si stanno muovendo nelle modalità corrette e valuta il grado di avvicinamento al risultato finale. 5. Più collaborazione da parte del bambino Le mascherine trasparenti hanno anche il vantaggio di rendere il bambino più motivato nello svolgere il trattamento ortodontico.   Il sistema che utilizziamo in MP DENTAL STUDIO, ci permette di acquisire il modello tridimensionale della bocca del paziente, attraverso l’impronta digitale.   In questo modo, possiamo mostrare al bambino un’immagine precisa del suo problema e di come lo risolveremo grazie agli allineatori.   La possibilità di osservare ogni mese il miglioramento della posizione dei suoi denti, lo renderà orgoglioso dei risultati ottenuti di volta in volta.   Questo lo renderà più partecipe e collaborativo nello svolgere con impegno e motivazione la terapia, dal primo all’ultimo giorno.     Per saperne di più sul nostro sistema di ortodonzia invisibile, visita la pagina dedicata, oppure prenota la prima visita ortodontica di tuo figlio nel nostro studio.

Invisalign e bambini: perché aspettare i 6 anni per intervenire?

Invisalign e bambini: perché aspettare i 6 anni per intervenire?

L’età ideale per individuare e correggere i problemi ortodontici nel bambino con gli allineatori Invisalign è tra i 6 e i 10 anni. Durante questo periodo, infatti, iniziano a comparire nella bocca i primi denti definitivi, indispensabili per consentire l’azione dei dispositivi ortodontici (in particolare di quelli trasparenti). Se sei un genitore particolarmente apprensivo e vorresti portare tuo figlio dall’ortodontista prima che compia 6 anni, in questo articolo troverai 4 buoni motivi per cui non ha senso farlo. (DISCLAIMER: al di là degli aspetti ortodontici, una visita dal dentista nei primi anni d’età è sempre consigliata, per poter individuare eventuali carie precoci). 1. I denti definitivi non sono ancora spuntati Per avviare una terapia ortodontica con Invisalign sono indispensabili 2 condizioni, ovvero che siano già erotti (spuntati): i 4 primi molari definitivi; e almeno 4 incisivi (2 sopra e 2 sotto). Le mascherine trasparenti devono aderire bene nella sua bocca, in modo che rimangano stabili e svolgano al meglio la propria funzione correttiva. Prima dei 6 anni, di solito il bambino ha ancora solo i denti da latte. Questi sono molto piccoli, per cui gli allineatori fanno fatica a calzare, perché hanno poca superficie di contatto. Di conseguenza, avviare una terapia di ortodonzia invisibile in questo arco di tempo è molto complicato, se non impossibile. In realtà, si può comunque intervenire, ma solo attraverso apparecchi molto più ingombranti e scomodi, come gli espansori palatali rapidi o gli attivatori di Teuscher. Ma sarai d’accordo che – se iniziamo la prima terapia ortodontica di tuo figlio con dispositivi così fastidiosi – in futuro sarà meno disposto a sottoporsi ad altri trattamenti. 2. La crescita delle ossa è troppo lenta Uno degli scopi dell’ortodonzia intercettiva è di guidare la crescita delle ossa, in modo tale che creino lo spazio per permettere la corretta eruzione dei denti permanenti. Prima dei 6 anni, però, le ossa del bambino crescono molto lentamente. Di conseguenza, se interveniamo in questo momento, c’è il rischio che nel corso degli anni lo spazio guadagnato con tanta fatica si perda, vanificando il trattamento. L’obiettivo è creare le condizioni ideali affinché le arcate dentali si sviluppino nel modo migliore. Ma di quali arcate dentali parliamo se il bambino non ha ancora nessun dente definitivo? 3. Non si possono correggere le malocclusioni Abbiamo visto che – a partire dai 6 anni – prima erompono i molari e poi gli incisivi. Questi ultimi spesso trovano poco spazio, e quindi spuntano accavallati. È soprattutto durante questa fase che i genitori ci chiamano in studio, perché vedono che i denti dei propri figli stanno uscendo mal posizionati. Ecco: correggere un affollamento dentale ha senso solo in questo periodo (6-10 anni), ovvero quando la malocclusione comincia effettivamente a comparire. D’altronde, come sarebbe possibile raddrizzare i denti definitivi se questi non sono ancora usciti? Intervenire troppo presto, impedisce di correggere anche altre malocclusioni, come per esempio il morso crociato posteriore. Per risolverlo con questo sistema, infatti, è indispensabile che gli allineatori aderiscano a dei molari definitivi, che quindi devono essere già presenti nella bocca del bambino. 4. Non si possono risolvere le abitudini viziate Le abitudini viziate sono comportamenti del bambino che possono alterare la crescita di ossa e denti, causando problemi di allineamento dentale. Mi riferisco, per esempio, al succhiamento del pollice, alla respirazione con la bocca e alla deglutizione atipica. Correggere questi fattori è indispensabile, ma farlo quando il bimbo è ancora tanto piccolo è un’impresa quasi impossibile. Perché? Perché gli allineatori trasparenti – per funzionare – devono essere indossati almeno 22 ore al giorno, regola che difficilmente un bambino in tenera età riesce a rispettare. Per essere risolte, le abitudini viziate richiedono un’attiva collaborazione da parte del paziente, che deve avere ben presente qual è l’obiettivo della terapia. Conclusione Abbiamo visto i 4 motivi per i quali ha poco senso sottoporre un bambino a un trattamento ortodontico invisibile prima dei 6 anni. Solo oltre questa età, infatti, sono presenti le condizioni anatomiche necessarie per garantire che la terapia ortodontica intercettiva sia davvero efficace. Se tuo figlio ha dai 6 ai 10 anni, prenota ora una visita ortodontica in MP DENTAL STUDIO. Attraverso una serie di esami, saremo in grado di programmare il trattamento più adatto per favorire la crescita corretta delle sue ossa e dei suoi denti. Prof. a c. Jamal Makarati