Implantologia dentale: complicanze post-chirurgiche tardive

Siamo arrivati al terzo articolo della nostra serie sulle complicanze legate all’implantologia dentale. La scorsa volta avevamo spiegato quali sono i problemi che possono verificarsi appena dopo la fine dell’intervento. Oggi invece affrontiamo i potenziali eventi avversi che possono accadere alcuni mesi o anni dopo l’inserimento dell’impianto dentale: le complicanze post-chirurgiche tardive. Queste non provocano la perdita immediata o precoce dell’impianto, ma possono creare fastidi o ridurre la durata dell’impianto stesso. Infatti, se la vita media di un impianto è di 15-20 anni, queste condizioni possono abbassarla a 6-7 anni o addirittura meno. Le complicanze di questo tipo sono almeno 3: perimplantite alterazione dei tessuti molli irritazione delle mucose mobili Perimplantite Ricordiamo un secondo come si svolge l’intervento di implantologia. Si inserisce una vite in titanio nell’osso (l’impianto), sopra alla quale si posiziona un perno (abutment) e quindi la corona dentale. Quest’ultima è contornata dalla gengiva, che fa da prima barriera contro l’aggressione dei batteri. Si tratta però di una protezione delicata, perché non può contare sul legamento che invece è presente nei denti naturali. Di conseguenza, questa struttura ha bisogno di un’igiene e di una manutenzione più accurate e frequenti. Il rischio, infatti, è che i tessuti vengano colpiti dalla perimplantite, un’infezione batterica che distrugge osso e gengiva, facendo cadere l’impianto prima del tempo. Insomma, è un errore pensare che, dopo aver inserito l’impianto, il problema sia risolto per sempre. È come comprare un’auto e non portarla mai dal meccanico per fare i tagliandi. Come si riduce quindi, il rischio-perimplantite? Per prima cosa, attraverso un’accurata igiene domiciliare. Il team di MP DENTAL STUDIO saprà consigliarti le modalità e gli strumenti più corretti, come lo spazzolino elettrico e il filo superfloss. In secondo luogo, sono essenziali anche le igieni orali in studio, che devono essere accompagnate con una decontaminazione tramite laser. La nostra esperienza, infatti, ci insegna che l’igiene orale con laser migliora la qualità delle gengive e dei tessuti molli, riducendo così la predisposizione dei pazienti alla perimplantite. Alterazione dell’architettura dei tessuti molli La gengiva è formata da una parte superficiale – detta “gengiva aderente” – che è robusta e fa da scudo contro l’aggressione dei batteri. Se togli un dente compromesso e poi ti attardi a rimpiazzarlo con un impianto, l’osso e la gengiva aderente si ridurranno progressivamente. Questo significa che, una volta inserito l’impianto, non potrai più contare su una forte barriera che lo protegga dai batteri presenti in bocca. In questo modo, sarai più esposto a infiammazioni e infezioni, che possono accorciare la vita del tuo impianto. Un altro fattore che può alterare l’anatomia dei tessuti molli sono le grandi rigenerazioni ossee. Se hai poco osso nel punto in cui bisogna inserire l’impianto, è possibile rigenerarlo, inserendo uno speciale biomateriale che produce nuovo osso dove non c’è. Una delle condizioni necessarie per il successo di questo intervento è che il biomateriale venga coperto, così che non vada a contatto con i batteri presenti in bocca. Per fare ciò, bisogna incidere la gengiva e tirarla (a mo’ di elastico) per avere “matassa” sufficiente per coprire il nuovo osso prodotto. Questa manovra, tuttavia, può alterare l’anatomia dei tessuti, riducendo così la quantità di gengiva aderente a disposizione. Il risultato? Farai fatica a pulire l’impianto e, nel farlo, potresti provare dolore, perché non avrai più quella gengiva resistente ai traumi dello spazzolino. Come risolvere questa situazione? La strada (spesso) migliore è fare un innesto di tessuto connettivo, il tessuto resistente ai traumi di cui la tua gengiva è carente. Irritazione delle mucose mobili In bocca sono presenti tessuti mucosi molto sensibili, come la guancia, il labbro e la lingua. In caso di modifiche all’interno del cavo orale – come l’inserimento di un apparecchio ortodontico o di un impianto dentale – la mucosa può irritarsi. Questo accade quando l’implantologo non analizza bene l’anatomia della bocca prima dell’intervento. Mettere un impianto in una posizione troppo vicina alla guancia, per esempio, può portare allo sfregamento e quindi all’insorgenza di irritazioni e ulcere. Questa situazione è più frequente quando l’osso si è ridotto a tal punto che poi l’impianto e la corona dentale si trovano a stretto contatto con queste mucose mobili. Come evitare che si verifichi questa complicanza? È essenziale anticipare questa grave perdita di tessuti, inserendo l’impianto entro 4-6 mesi dall’estrazione del dente. In questo modo, infatti, si preserva il più possibile l’altezza e il volume dell’osso. Di conseguenza, quando si inserirà l’impianto, questo si troverà in una posizione più simile al dente originale e quindi meno vicino alle strutture che possono irritarsi.
Implantologia dentale: complicanze post-chirurgiche precoci

Proseguiamo la nostra serie di articoli sulle possibili complicanze legate agli interventi di implantologia dentale. Nel precedente articolo avevamo affrontato i problemi che possono verificarsi durante l’intervento. In questo nuovo articolo, invece, vedremo le complicazioni post-operatorie precoci. Cosa sono? Si tratta di tutti quei potenziali eventi avversi che possono accadere subito dopo la fine dell’intervento chirurgico. Le conseguenze di questi eventi negativi vanno da episodi di dolore e fastidio alla perdita prematura dell’impianto dentale. Scopriamo quali sono queste complicanze e come possiamo evitarle in modo efficace. Surriscaldamento del letto implantare Come forse già saprai, per inserire un impianto dentale bisogna prima preparare la zona di intervento, creando un piccolo forellino nell’osso mascellare. Ora: tieni presente che l’osso è un tessuto vivo, che si presenta in diverse densità in ogni persona. Per questo motivo, non si può pensare di forarlo ogni volta nello stesso modo e con gli stessi strumenti. Ci sono frese e modalità più o meno adatte a seconda delle caratteristiche specifiche di ogni paziente. Uno degli effetti che l’uso di strumenti scorretti può provocare è il surriscaldamento dei tessuti. Innalzare troppo la temperatura dell’osso ha come conseguenza la necrosi dello stesso, ovvero la sua morte precoce. Se noi inseriamo l’impianto in queste condizioni, non potrà mai formarsi un legame saldo tra la radice artificiale e l’osso (osteointegrazione). Il risultato? Un sicuro fallimento implantare. Come evitiamo che questa situazione si verifichi in MP DENTAL STUDIO? Grazie al nostro check-up implantare – una serie di esami approfonditi condotti con tecnologie digitali – siamo in grado, ancora prima di inserire l’impianto, di prevedere la densità dell’osso che tratteremo. Di conseguenza, conosciamo già la sequenza corretta e il tipo di frese da utilizzare, in modo da scaldare l’osso il meno possibile e garantire un’ottima stabilità all’impianto. Perdita della stabilità primaria Un’altra possibile complicazione precoce è la perdita della stabilità primaria dell’impianto. Cosa significa? Facciamo un passo indietro. Devi sapere che la condizione necessaria per cui un impianto possa legarsi all’osso è che sia stabile all’interno di esso. Se questo non avviene, la radice artificiale rischierà di cadere subito o nei mesi successivi dopo l’inserimento. Uno dei motivi per cui un impianto può non raggiungere la stabilità primaria è una scorretta tecnica di preparazione da parte del chirurgo. Al contrario, uno studio accurato della qualità dell’osso permette di comprendere a priori come preparare al meglio il forellino che accoglierà l’impianto. Nel nostro studio, dopo aver creato “l’invito” per il foro, possiamo analizzare la densità dell’osso attraverso un particolare strumento. Così facendo, riusciamo a modulare la preparazione del sito in modo da garantire una stabilità primaria ottimale. Grazie a questa modalità, riduciamo a (quasi) zero la possibilità che l’impianto venga perso subito o nei mesi successivi. Sconfinamento dell’impianto in sedi limitrofe Se hai bisogno di mettere un impianto nell’arca superiore della tua dentatura, devi sapere che questa è una zona particolarmente delicata. Questo perché appena sopra di essa sono presenti 2 cavità che servono per riscaldare e purificare l’aria che entra nel naso: i seni mascellari. Se il chirurgo non pianifica l’intervento in modo corretto, c’è il rischio che l’impianto possa sconfinare all’interno di queste “camere d’aria”. Anche se all’inizio la radice artificiale sembra stabile e ben posizionata nell’osso, può bastare anche un leggero carico con il cibo per farla cadere dentro una di queste strutture. Si tratta di una complicanza abbastanza grave, perché comporta al paziente una possibile sinusite e il fatto di dover subire un intervento chirurgico importante, volto a rimuovere l’impianto dal seno mascellare. Come ovviamo a questa situazione in MP DENTAL STUDIO? Sempre attraverso check-up implantare. Tramite un’attenta analisi, siamo in grado di sapere quanto siamo vicini ai seni mascellari. Di conseguenza, possiamo capire quale tipo di impianto usare e come preparare al meglio il sito dell’intervento. Edemi ed ematomi Alcune persone sono geneticamente predisposte ad avere capillari particolarmente fragili. Questo comporta che, negli interventi chirurgici che prevedono l’apertura di lembi, si verifichi un travaso di sangue all’interno della ferita. Il risultato è la comparsa di ematomi, ecchimosi e gonfiori post-operatori. Una situazione che raggiunge il suo apice dopo 3-4 giorni e che si riduce gradualmente. Come evitare questa complicanza? Per prima cosa, in MP DENTAL STUDIO indaghiamo la possibile fragilità capillare del paziente. A volte basta chiedergli se, in seguito a piccole contusioni, nota la comparsa di ematomi. Ma soprattutto, utilizziamo tecniche chirurgiche minimamente invasive. L’uso di strumenti diagnostici e chirurgici di ultima generazione – l’implantologia computer guidata, la chirurgia flapless e quella piezoelettrica – ci consente di ridurre gli ematomi. Infezioni precoci Per quanto ormai sia un intervento poco invasivo, l’implantologia dentale richiede di eseguire un’incisione per inserire la radice artificiale nell’osso mascellare. In particolare nel primo periodo, la ferita deve rimanere la meno contaminata possibile, perché altrimenti può infettarsi, causando così la perdita dell’impianto. Le infezioni di solito sono provocate dai batteri, oppure dalla loro resistenza agli antibiotici prescritti dal medico. Per evitare queste situazione, nel nostro studio ci affidiamo alle tecniche flapless, ovvero a delle modalità di intervento che non richiedono l’apertura di lembi nella gengiva. Oltre a queste tecniche, applichiamo anche la chirurgia piezoelettrica, un’innovativo sistema che sfrutta getti d’acqua ad alta frequenza. Questi strumenti fanno vibrare l’acqua indirizzata nella ferita, al punto tale da far esplodere gli atomi di ossigeno in essa contenuti. L’ossidazione della ferita che ne risulta esercita un’azione disinfettante e decontaminante, che riduce al minimo le probabilità di infezione. Emorragia A differenza di quanto potesti pensare, le emorragie non capitano solo durante l’intervento, ma anche dopo. Mi è già capitato di ricevere pazienti che hanno cominciato a sanguinare dalla ferita anche dopo alcuni giorni dall’operazione. Perché succede questo? Di solito, per 2 motivi: caratteristiche dei pazienti: alcuni di essi non possono sospendere farmaci antiaggreganti (es. aspirina) o hanno una quantità ridotta di piastrine, che li predispone a un maggior sanguinamento. mancato rispetto delle istruzioni del medico: dopo l’intervento, è consigliato mettere
Implantologia dentale: le complicanze chirurgiche durante l’intervento

“Quali rischi corro?”, “L’intervento è sicuro?”, “Avrò dei problemi dopo l’operazione?”. Una delle paure più grandi di chi affronta un intervento di implantologia dentale è di subire gravi complicanze durante e dopo l’operazione. Non giriamoci attorno: qualsiasi cura o riabilitazione medica può avere complicazioni. E l’implantologia dentale non fa eccezione. In questo articolo, vedremo quali sono gli eventi negativi che possono accadere durante l’intervento. Ma scopriremo anche come ridurre a (quasi) zero la possibilità che queste situazioni si verifichino. Lesioni dei nervi All’interno delle ossa craniche sono presenti molti nervi che, se non individuati prima dell’operazione, il chirurgo può accidentalmente danneggiare. I nervi più importanti nelle ossa mascellari sono 3: alveolare inferiore linguale palatale anteriore. Nervo alveolare Il nervo alveolare inferiore attraversa tutta la mandibola (piano inferiore) ed è una sorta di cavo elettrico che dà la sensibilità ai denti e al labbro. È una struttura essenziale che, se danneggiata, può creare una parestesia, ovvero la sensazione di avere perennemente l’anestesia nel labbro e nella zona danneggiata. Non si tratta quindi di un danno motorio. Non si diventa paralizzati, ma si avrà sempre una fastidiosa sensazione di avere le formiche sul labbro. Nervo linguale Il nervo linguale si trova nella parte posteriore della mandibola ed è responsabile della sensibilità del dorso e dei lati della lingua. La maggior parte delle lesioni a questo nervo dipendono dall’uso scorretto di strumenti che, durante gli interventi a lembo aperto, servono a tenere aperta la ferita. Anche qui, il risultato del danneggiamento è la perdita della sensibilità, in questo caso a parte della lingua. Nervo palatale anteriore A differenza dei precedenti, il nervo palatale si trova nell’arcata superiore (nella mascella), a livello dei due incisivi centrali. Se il chirurgo non ha progettato minuziosamente l’intervento, inserendo l’impianto in questa zona anteriore potrebbe rischiare di lacerare questo delicato nervo. Il risultato? La perdita della sensibilità ai denti e alla gengiva nella parte superiore della bocca. Lesioni dei vasi sanguigni Oltre ai nervi, all’interno delle strutture anatomiche della bocca ci sono anche diverse ramificazioni di vasi sanguigni, divisi in arterie e vene. Anche questi possono essere incisi per sbaglio dal chirurgo, nel caso in cui quest’ultimo non abbia pianificato bene l’inserimento degli impianti. Questo può capitare, per esempio, nella realizzazione del tunnel implantare, ovvero il foro in cui verrà inserita la radice artificiale. Quali rischi può correre il paziente se il chirurgo dovesse recidere per sbaglio uno dei vasi sanguigni? Può partire un’emorragia che, se non diagnosticata e curata, potrebbe causare complicazioni gravi e – in alcuni casi – mettere in serio pericolo la vita del paziente. Sconfinamento nel seno mascellare Se durante la preparazione della zona in cui intervenire il chirurgo non ha calcolato bene le lunghezze in gioco, è possibile che perfori uno dei seni mascellari. I seni mascellari sono delle cavità all’interno del cranio che servono per purificare e umidificare l’aria che entra nel naso. Se uno dei seni viene perforato, l’impianto potrebbe risultare posizionato in parte nell’osso e in parte nel vuoto all’interno del seno mascellare. Come puoi immaginare, questa situazione mette a repentaglio la stabilità primaria dell’impianto, la condizione necessaria per consentirgli di integrarsi correttamente all’interno dell’osso. Uno studio diagnostico, attraverso un attento check-up implantare, ci permette di visualizzare chiaramente tutte queste strutture e rispettarle. Se vediamo che il seno è vicino, possiamo valutare di inserire degli impianti più corti, oppure aggiungere dell’osso con un rialzo di seno mascellare. Lesione delle radici dentali Se l’intervento chirurgico non viene ben pianificato all’inizio, c’è il rischio che gli strumenti danneggino le radici dei denti vicini al punto di inserimento dell’impianto. Per esempio, il chirurgo potrebbe creare un tunnel dritto, ma alla fine di questo foro la fresa potrebbe incontrare la radice inclinata di un dente adiacente. Questo può creare un danno anatomico alla radice del dente, che può causare diversi problemi. Nella migliore delle ipotesi, il dente muore e quindi sarà necessario devitalizzarlo. Nel peggiore dei casi, invece, si potrebbe innescare una reazione infiammatoria, che porterebbe al riassorbimento della radice e quindi alla perdita negli anni del dente. Come ridurre (quasi) a zero le complicanze? In questo articolo abbiamo visto quanto possano essere gravi alcune complicanze che possono verificarsi appena durante l’intervento di implantologia dentale. Eventi che possono portare al semplice insuccesso dell’operazione, oppure, a danni permanenti alle strutture anatomiche del paziente, che lo possono debilitare per il resto della sua vita. A questo punto ti chiederai: esiste un modo per ridurre al minimo la possibilità che queste complicanze si avverino? In MP DENTAL STUDIO analizziamo in modo minuzioso ogni caso e progettiamo l’intero intervento al computer, prima ancora che nella bocca del paziente. Per prima cosa, lo sottoponiamo a un check-up implantare, una serie di esami eseguiti con tecnologie digitali ad altissima precisione, come l’impronta digitale e la TAC cone beam. Questi strumenti ci permettono di visualizzare tutte le strutture delicate della bocca, come nervi, seni mascellari, vasi sanguigni e radici. In questo modo possiamo inserire gli impianti in sicurezza, senza il rischio di danneggiare questi elementi vitali. Per saperne di più, visita la pagina dedicata a Smart Implant, il nostro sistema implantologico brevettato.
Come evitare di togliere un dente (quasi) compromesso?

Sei caduto rovinosamente e ti sei fratturato un dente frontale? Oppure il tuo dentista ti ha detto che hai una grossa carie al di sotto della gengiva? Nella maggior parte dei casi, in queste due situazioni il dente coinvolto può essere considerato compromesso e quindi (spesso) è necessario estrarlo. Tuttavia, esiste una soluzione che – in extremis – potrebbe salvare il tuo dente: l’estrusione ortodontica. Di cosa si tratta? In quali casi si può applicare? Scoprilo in questo articolo. Gli svantaggi di estrarre un dente compromesso Togliere un dente compromesso è spesso la soluzione più ovvia, ma può creare conseguenze negative, soprattutto nelle zone estetiche della bocca. L’estrazione, infatti, causa sempre una perdita di una parte dell’osso e della gengiva che contornano il dente estratto. Di conseguenza, per compensare questa mancanza in senso verticale, di solito si decide di inserire un impianto dentale che supporterà una corona molto più lunga rispetto a quelle dei denti vicini. Come potrai immaginare, questo determina un inestetismo molto evidente, che rovina l’armonia estetica del sorriso. Per evitare questa situazione (quando possibile) si cerca di conservare il dente – anche se compromesso – attraverso l’estrusione ortodontica. Estrusione ortodontica: cos’è? L’estrusione è un trattamento ortodontico che ha l’obiettivo di spostare la radice di un dente in senso verticale, quindi verso la zona della masticazione. In base alle forze ortodontiche applicate, la radice si può muovere in 2 modi: all’interno dell’osso: quindi portando il dente in una posizione più superficiale; insieme all’osso: aumentando il volume dell’osso che contorna il dente. Queste due tecniche sono utili per risolvere situazioni diverse. Vediamo alcuni esempi. Carie della radice del dente Se hai una carie sotto al livello della gengiva (carie radicolare), il recupero di questo dente diventa molto difficile. Per evitare di estrarlo o di ricorrere a interventi chirurgici invasivi, possiamo utilizzare un apparecchio ortodontico, che muova il dente all’interno del suo osso, fino a portarlo in superfice. Alla fine di questo processo (3-5 mesi), la carie – che una volta era nascosta dalla gengiva – si troverà al di sopra di essa: in questo modo, potremo otturarla e ricostruire il dente senza ricorrere alla chirurgia pre-restaurativa. Frattura sotto la gengiva Se ti sei rotto un dente e la rima di frattura (la fessura) si trova al di sotto del livello gengivale, sarà molto difficile recuperarlo. Se la frattura è grave, si può tentare di salvare il dente incapsulandolo, ovvero applicando una corona protettiva su di esso. Tuttavia, la capsula non può scendere di molto sotto la gengiva, perché poi quella zona sarebbe difficile da pulire e irriterebbe il tessuto gengivale. Di conseguenza, anche qui la migliore soluzione è estrudere il dente all’interno del suo osso – tramite dispositivi fissi o mobili – così da muoverlo verso la superficie. Alla fine di questo trattamento ortodontico, la frattura si troverà al di fuori della gengiva e quindi potremo applicare la capsula senza invadere le zone profonde della gengiva. Frattura di un dente irrecuperabile L’estrusione ortodontica è un trattamento che spesso assicura grandi vantaggi anche quando estrarre il dente risulta proprio inevitabile. Poniamo il caso che ti sei fratturato un dente nella zona anteriore della bocca, in un modo tale che è impossibile recuperarlo. In questa situazione, il dente va sostituito con un impianto dentale. Tuttavia, se hai una gengiva delicata, un po’ ritirata e un osso sottile, l’impianto – una volta integrato – potrebbe dover rimpiazzare un dente che risulterà molto lungo e piccolo. Per garantire un’adeguata stabilità, in questi casi si ricorre a una serie di interventi chirurgici impegnativi, fastidiosi e invasivi, che consentono di aumentare l’osso e la gengiva nei punti in cui sono carenti. Come evitare di dover sopportare questo interminabile numero di stressanti interventi? Tramite l’estrusione ortodontica. Rispetto ai casi precedenti, però, qui applichiamo un’estrusione diversa, che sfrutta forze tali da muovere il dente insieme al suo osso, non all’interno di esso. In questo modo, al termine del trattamento ortodontico, avremo un volume di osso molto più elevato rispetto alle condizioni iniziali, riducendo così la necessità di interventi di rigenerazione ossea. Conclusioni Abbiamo visto che l’estrusione ortodontica è un trattamento molto utile per cercare di salvare i denti anche quando sembrano irrecuperabili. Inoltre, è vantaggiosa anche per preservare l’osso e le gengive nel caso fosse inevitabile estrarre il dente a causa di gravi fratture. Tuttavia, si tratta di una tecnica complessa, che richiede un livello di esperienza e professionalità notevoli. L’aspetto critico di questa manovra è che altera il rapporto corona-radice. Cosa significa? Significa che le fondamenta del dente estruso (la sua radice) diventano più piccole, rendendolo meno idoneo a reggere la masticazione. Di conseguenza, non è un trattamento da fare a cuor leggero. C’è bisogno di un ortodontista e di un protesista competenti, che siano in grado valutare con attenzione la dimensione e la forma del dente, il tipo di osso, di masticazione e di radice, per capire se questo recupero possa garantire una lunga vita al dente trattato.
Impianti dentali: perché è importante il check-up implantare?

Da alcuni decenni le tecnologie digitali si sono affermate nella nostra società, rivoluzionando interi ambiti della nostre vite. Anche l’implantologia dentale è stata investita da questa ondata innovativa. Già all’inizio degli anni 2000, infatti, iniziò la sperimentazione delle prime soluzioni computer-guidate, con l’obiettivo di: ridurre il trauma dell’inserimento degli impianti dentali; diminuire i rischi di lesioni a nervi e vasi sanguigni; realizzare protesi dentarie che fossero più adatte a reggere la masticazione e facili da pulire. Negli ultimi anni, il digitale ha anche ridotto, semplificato e reso più precise le fasi del check-up implantare, ovvero l’insieme dei passaggi necessari per la preparazione dell’intervento chirurgico: radiografie, fotografie e impronta dentale digitale. Eppure, ancora oggi, alcuni miei pazienti mi chiedono che senso abbia sottoporsi a questo percorso, composto da diverse tappe che a volte possono sembrare superflue. In questo articolo, cercherò di spiegare perché ogni fase del check-up implantare è essenziale per poter donare al paziente il sorriso che si aspetta di ottenere. I primi anni dell’implantologia guidata I primi prototipi di implantologia guidata erano basati su delle dime artigianali, ovvero delle guide realizzate da odontotecnici, che dovevano aiutare il chirurgo a inserire gli impianti in modo preciso. A partire da un modello in gesso, i tecnici modellavano con la cera la forma del dente ideale per il paziente: la cosiddetta ceratura diagnostica. Su questo modello, si costruiva una mascherina trasparente, detta dima radiologica, che il paziente indossava per sottoporsi alla dental scan. La dental scan era una TAC a radiazioni elevate, che consentiva al chirurgo di conoscere la forma dell’osso e la posizione in cui inserire l’impianto dentale. Quindi già in questi anni (primi 2000), il punto di inserimento era già in qualche modo guidato (dalla TAC). Tuttavia, la scelta dell’inclinazione e la lunghezza dell’impianto erano ancora a discrezione del chirurgo, con tutti i suoi limiti in quanto essere umano. Questo dipendeva dal fatto che all’epoca la TAC non era ancora iper-precisa, perché restituiva immagini molto grossolane dell’osso, ovvero una porzione ogni mezzo millimetro. Un po’ come i vecchi televisori a bassa definizione. Il problema dell’inclinazione Uno dei problemi di questi primi anni era che il protesista – nel creare il modello del dente – spesso si ritrovava con un impianto inserito nel posto giusto, ma inclinato in modo sbagliato. D’altronde il chirurgo, non essendo spesso anche un protesista, aveva l’obbligo di seguire l’anatomia dell’osso, per far sì che l’impianto si integrasse al meglio all’interno di esso. Il risultato? Molte volte era necessario fare dei compensi protesici esagerati, che peggioravano l’estetica e la manutenibilità degli impianti. Per risolvere il problema, si decise così di applicare dei cilindri (“boccole”) nella dima chirurgica, in modo che guidassero la fresa del chirurgo nella preparazione del tunnel implantare. Di conseguenza, il paziente indossava questa placca in resina con i cilindri e si sottoponeva alla TAC dental scan. Il problema della corrispondenza Nonostante i cilindri avessero migliorato la precisione dell’intervento, spesso i chirurghi si ritrovavano a fronteggiare degli insuccessi. Perché? Spesso, infatti, ciò che avevano progettato al computer, poi non corrispondeva a quello che trovavano nella bocca del paziente. La causa di questo era un’imprecisione di fondo del sistema. All’epoca non esisteva ancora l’impronta dentale digitale e quindi veniva fatta con i tradizionali materiali da impronta, molto suscettibili agli errori umani. Le micro-imprecisioni dovute all’impronta “artigianale” facevano sì che la dima chirurgica risultasse molto imprecisa. Per questo motivo, all’inizio molti chirurghi cominciarono a disaffezionarsi all’implantologia guidata che, tra l’altro, aveva costi esorbitanti. L’avvento del digitale Gli anni passarono e si entrò nell’era dell’impronta e degli scanner digitali, pur con i loro limiti iniziali. Con il tempo, migliorò l’ottica, la capacità di acquisizione e i software, che consentivano così di ottenere una figura ultra-precisa della bocca del paziente. Questa precisione è dovuta al fatto che molti dei piccoli passaggi che avvenivano in precedenza, ora vengono del tutto bypassati: l’impronta analogica è stata sostituita da quella digitale, perché permette di scannerizzare denti e gengiva con un’accuratezza assoluta, generando un modello virtuale della bocca. la vecchia TAC dental scan è stata rimpiazzata dalla cone beam, un sistema ad alta definizione, che consente di ottenere immagini dalla precisione di un decimo di millimetro (e anche meno). In pratica, quelli che oggi sembrano tanti passaggi – anche superflui – in realtà sono numericamente minori e (soprattutto) molto più precisi rispetto a qualche anno fa. L’importanza del matching Anche se tutti i passaggi sono stati eseguiti in modo accurato, un risultato davvero eccellente passa solo dall’utilizzo di un software di matching affidabile. Cosa significa? Dopo aver digitalizzato denti e osso tramite cone beam e impronta digitale, si ottengono 2 diversi file, che devono essere uniti con una precisione quasi assoluta. Per eseguire questa delicata operazione, in MP DENTAL STUDIO utilizziamo un software dotato di intelligenza artificiale, che supera i limiti di precisione dell’essere umano. Questo programma è in grado di riconoscere i denti presenti nella radiografia e li abbina con una precisione di un decimo di millimetro all’immagine generata dallo scanner dell’impronta digitale. In tutto questo processo, il professionista (e la sua fallibilità umana) non hanno voce in capitolo. Conclusioni In questo articolo abbiamo compreso quanto siano essenziali tutti i passaggi che compongono il check-up implantare. Le tecnologie digitali applicate agli impianti dentali hanno permesso di: ridurre e semplificare le fasi necessarie per ottenere la dima chirurgica; aumentare in modo esponenziale la precisione di tutte queste fasi; offrire al paziente un intervento confortevole e risultati estetici e funzionali eccellenti. Grazie a queste tecnologie e all’impiego di professionisti esperti, in MP DENTAL STUDIO abbiamo raggiunto una precisione pari a 1 decimo di millimetro negli interventi eseguiti con implantologia computer guidata, ovvero la massima precisione ottenibile al giorno d’oggi. Per saperne di più sui vantaggi dell’implantologia digitale, visita la pagina dedicata o chiamaci allo 045 6702400.
Chirurgia piezoelettrica: la tecnica “delicata” per interventi più sicuri

Hai bisogno di togliere uno o più denti, perché ormai sono compromessi? E magari hai già deciso di rimpiazzarli con gli impianti dentali? Devi sapere che l’intervento di implantologia dentale, anche se è meno invasivo rispetto al passato, rimane un’operazione molto delicata. Basta infatti una piccola distrazione del chirurgo per danneggiare strutture vitali come nervi e vasi sanguigni. Per migliorare la sicurezza e aumentare la precisione del chirurgo durante questo tipo di intervento, alla fine degli anni ’90 è nata la chirurgia piezoelettrica. Di cosa si tratta e quali vantaggi comporta per i pazienti che vogliono ripristinare il proprio sorriso con gli impianti dentali? Scoprilo in questo articolo. Chirurgia piezoelettrica: cos’è? La chirurgia piezoelettrica è un metodo innovativo che consente di incidere e modellare l’osso mascellare in modo preciso, sicuro e minimamente invasivo. Grazie a questo approccio, il chirurgo non ha più bisogno di bisturi o frese per eseguire operazioni come estrazioni, implantologie o rigenerazioni ossee. Al posto di questi tradizionali strumenti, infatti, utilizza un particolare dispositivo a ultrasuoni, detto anche piezoelettrico. Se vogliamo, ricorda un po’ l’ablatore a ultrasuoni che il dentista usa per l’igiene orale professionale, con la differenza che questo offre prestazioni molto più elevate: vibra 30 mila volte al secondo e oscilla fino a 100 micron. Questo movimento ultrasonico permette di “tagliare” l’osso con una delicatezza e una selettività che una volta erano impensabili per gli apparecchi tradizionali. Vantaggi della chirurgia piezoelettrica Sono almeno 5 i vantaggi della chirurgia piezoelettrica rispetto alle tecniche di incisione classiche: Precisione assoluta Le caratteristiche vibranti e oscillanti di questi strumenti, permettono al chirurgo di operare con una precisione micrometrica. Ma cosa significa? Significa che può incidere di netto l’osso mascellare con una precisione di 100 micron: non esiste bisturi o fresa chirurgica così precisa. Questa è una caratteristica non da poco, soprattutto nel caso di innesti ossei, che spesso richiedono minuscoli tagli all’osso residuo. Incisioni selettive Un altro vantaggio degli strumenti piezoelettrici è la loro capacità di tagliare i tessuti duri (l’osso), rispettando però quelli molli. Questo aspetto rende l’intervento chirurgico molto più sicuro, perché se c’è bisogno di operare una zona vicina al nervo alveolare o a un vaso sanguigno, il rischio di danneggiarli è quasi inesistente. Al contrario, usando il bisturi esiste la possibilità di incidere accidentalmente anche le strutture e i tessuti delicati che contornano il sito dell’intervento. Controllo quasi assoluto L’apparecchio piezoelettrico consente al chirurgo un controllo intraoperatorio senza precedenti. In pratica, può limare l’osso mascellare in modo leggero e delicato, come se stesse dipingendo. Questo aspetto è vantaggioso soprattutto in preparazione di un sito implantare. Se con la fresa tradizionale c’era il rischio di perforare l’osso in modo impreciso, ora con il dispositivo ultrasonico la creazione del foro per l’impianto è precisa e controllata. Ossigenazione della ferita Un effetto collaterale dell’elevata vibrazione degli strumenti piezoelettrici è la produzione di calore: un fattore che può danneggiare i tessuti operati. Per evitare che ciò accada, questi utensili sono dotati di un sistema di irrigazione, che riversa una soluzione fisiologica sulla zona trattata, dissipando così l’energia termica prodotta. Questo sistema produce una conseguenza interessante: la soluzione fisiologica – sottoposta a vibrazione – libera grandi quantità di ossigeno, dando vita al cosiddetto “effetto cavitatorio”. Questa reazione ha il vantaggio di ridurre la fuoriuscita di sangue, che determina: una maggiore facilità di intervento da parte del chirurgo, la cui visibilità non è ostacolata dal sangue; una guarigione migliore, perché poco sangue significa anche meno fastidio, gonfiore e meno probabilità di emorragie. Guarigione più rapida La guarigione della ferita è più rapida anche grazie alla modalità con cui lo strumento piezoelettrico taglia l’osso mascellare. In che senso? Prendiamo ancora ad esempio un intervento di implantologia. La classica fresa ha il difetto di triturare l’osso, producendo così molti “sfridi” che si depositano sulla parete del foro. Ciò significa che questa zona dovrà essere prima ripulita dai macrofagi, una sorta di spazzini che mangiano e rimuovono questi materiali; in seguito, arrivano poi gli osteoblasti, ovvero i muratori che costruiscono nuovo osso. Grazie alla tecnica piezoelettrica, invece, l’osso non viene triturato, ma rimosso finemente grazie alle elevate oscillazioni e vibrazioni. Questo crea meno microparticelle di “scarto” e le poche presenti vengono spazzate via dall’ossigeno liberato grazie all’effetto cavitatorio. Il risultato? Non c’è più bisogno degli “spazzini”, perché la zona dell’intervento è già pulita e detersa. Di conseguenza, i “muratori” arrivano quasi subito, riducendo di gran lunga i tempi di guarigione. Conclusioni In questo articolo hai scoperto cos’è la chirurgia piezoelettrica e quali vantaggi concreti può offrire a chi – come te – vuole (giustamente) mettere gli impianti dentali in assoluta sicurezza. Di conseguenza, prima di sottoporti a un intervento di implantologia, assicurati che il tuo dentista utilizzi – laddove possibile – queste apparecchiature ultrasoniche. Per saperne di più sulle modalità di intervento con la tecnica piezoelettrica, chiamaci al numero 0456702400 o prenota una visita in MP DENTAL STUDIO.
Tecnica Flapless: pro e contro dell’implantologia senza bisturi

Qual è il motivo per cui molti temono di rimpiazzare i propri denti mancanti con gli impianti dentali? La paura dell’intervento chirurgico. L’idea di entrare in una sala operatoria e venire “tagliuzzati” spinge molti pazienti a rimandare all’infinito il miglioramento del proprio sorriso. Se sei tra questi soggetti, ho per te una buona notizia: non è (sempre) necessario incidere le gengive per posizionare un impianto dentale. Grazie alla tecnica flapless, infatti, il tuo chirurgo può metterti un nuovo dente senza provocarti alcuna ferita importante. Vediamo come. Cosa significa implantologia flapless? L’implantologia flapless (tradotto: “senza lembo”) è una tecnica che consente di inserire un impianto dentale senza scollare la gengiva dall’osso. Questa caratteristica la rende meno invasiva rispetto alla tecnica tradizionale (“a lembo”), che invece prevede ben 2 sedute: nella prima, il chirurgo incide la gengiva, inserisce l’impianto e poi sutura la ferita; nella seconda, riapre il lembo gengivale, applica la protesi dentaria e infine richiude la gengiva. Al contrario, l’implantologia flapless richiede 1 solo intervento, durante il quale il chirurgo fa un piccolo forellino nella gengiva e in esso inserisce l’impianto. Per migliorare la riuscita dell’intervento, nel nostro studio abbiniamo questa tecnica all’implantologia computer guidata, un sistema che sfrutta un software per determinare il punto esatto in cui posizionare gli impianti. Come puoi intuire, questo approccio implica grandi vantaggi per il paziente, ma anche qualche piccolo svantaggio. Vediamo i principali. Vantaggi tecnica flapless 1. Riduce il sanguinamento Fare un micro-forellino nella gengiva significa danneggiare molto meno i tessuti molli e i vasi sanguigni. Di conseguenza, durante l’intervento, il sanguinamento è più contenuto rispetto alla tecnica implantologica “a lembo”. Questo aspetto si rivela prezioso soprattutto se stai seguendo una terapia anticoagulante, durante la quale è essenziale limitare la fuoriuscita di sangue. 2. Accorcia i tempi chirurgici L’intervento di implantologia con il metodo flapless (quando indicato) dura quasi la metà di un intervento tradizionale. Perché? Per il semplice fatto che il chirurgo non deve “perdere tempo” a incidere, scollare e infine suturare la gengiva. Fare il forellino, invece, richiede solo pochi minuti, accorciando così la durata totale dell’operazione. 3. Migliora l’apporto vascolare ai tessuti I tempi di guarigione di un intervento di implantologia dentale dipendono dalla quantità di sangue che arriva ai tessuti intorno all’impianto. La chirurgia “a lembo” sfavorisce il processo di guarigione, perché l’incisione operata dal chirurgo interrompe l’apporto di sangue all’osso e alla gengiva. La zona trattata avrà quindi bisogno di più tempo per far sì che i tessuti si riadattino e si rivascolarizzino. Al contrario, con la tecnica flapless l’integrazione dell’impianto all’osso risulta più rapida, proprio perché il flusso di sangue non viene bloccato da lacerazioni. 4. Riduce le complicazioni post-operatorie Se eseguita da mani esperte (e lontano da strutture delicate), l’implantologia flapless può ridurre il gonfiore e altre complicazioni post-operatorie. Nella tecnica tradizionale, l’incisione della gengiva causa un’emorragia che provoca gonfiore (edema) e spesso anche un’ematoma (ecchimosi). Mi è capitato più volte di ricevere in studio alcuni pazienti 2-3 giorni dopo l’intervento, preoccupati nel vedere delle chiazze scure e gonfiore nella zona dell’intervento. Questa situazione non può verificarsi con la tecnica flapless. Non prevedendo tagli, infatti, le complicazioni seguenti all’operazione sono quasi del tutto inesistenti. Svantaggi della tecnica flapless 1. Sconsigliata vicino a strutture anatomiche delicate Come abbiamo detto, il fatto che il chirurgo non debba scollare la gengiva dall’osso è un vantaggio. Ma non sempre. Questo infatti gli impedisce di avere una visione diretta delle strutture anatomiche delicate al di sotto della gengiva, come i nervi. Ciò significa che nelle situazioni al limite – per esempio quando il punto di inserimento dell’impianto si trova a pochi millimetri da un nervo – è più saggio evitare la chirurgia flapless e optare per quella “a lembo”. È anche vero che, grazie all’implantologia computer guidata, è possibile conoscere a priori il punto esatto in cui si trovano le strutture anatomiche vitali. Ma in certi casi la prudenza non è mai troppa. 2. Meno controllo sulla posizione dell’impianto L’implantologia flapless fornisce al chirurgo poche informazioni sulla direzione, l’inclinazione e la profondità disponibili per l’impianto. Quindi, a meno che non sia supportata dalla chirurgia guidata, la tecnica flapless può causare maggiori errori di posizionamento. 3. Impedisce la rigenerazione ossea e gengivale Questo approccio è possibile solo se tutte le condizioni sono favorevoli, in particolare se hai già una buona quantità d’osso e di gengiva a disposizione. La tecnica flapless, infatti, rende impossibile eseguire eventuali rigenerazioni dei tessuti molli e duri, proprio perché prevede la creazione di un foro all’interno di essi. 4. Consuma la gengiva aderente Il forellino realizzato dal chirurgo durante l’operazione è ciò che rende questa tecnica così poco invasiva. Tuttavia, è anche vero che creare questa “galleria” riduce la quantità di gengiva aderente, ovvero quella parte robusta di gengiva, che resiste ai traumi dello spazzolamento. Di conseguenza, se tu hai giù una scarsa quantità di questo prezioso tessuto, la classica tecnica “a lembo” è da favorire rispetto a quella flapless. Conclusioni Nonostante l’implantologia flapless sia meno invasiva rispetto a quella tradizionale, richiede un grado di esperienza maggiore. Questo perché, il più delle volte, il chirurgo lavora “alla cieca”. Certo, può essere aiutato dal computer, ma deve comunque possedere conoscenze di anatomia e di come rispondono i tessuti ossei e gengivali. Quindi, se desideri ripristinare il tuo sorriso con questa tecnica, è importante che ti affidi solo a chi esegue questi interventi quotidianamente e ha le giuste competenze per farlo. Prenota ora una visita implantologica in MP DENTAL STUDIO o chiamaci allo 0456702400 per ricevere altre informazioni su questo argomento.
Morso aperto: cos’è e come si corregge

Il morso aperto è un problema di masticazione abbastanza diffuso tra i bambini e gli adulti. Si tratta di un mancato contatto tra i denti, che impedisce alla bocca di chiudersi bene. È un’alterazione che andrebbe corretta già in tenera età, perché nel corso degli anni può provocare conseguenze estetiche, ma soprattutto funzionali. Vediamo in dettaglio cos’è il morso aperto, da cosa è causato e quali sono le soluzioni per correggerlo. Cos’è il morso aperto Il morso aperto è una malocclusione – ovvero una scorretta chiusura dei denti – di tipo “verticale“. In pratica, chi soffre di questo problema ha alcuni denti dell’arcata superiore che non toccano quelli dell’arcata inferiore. Di conseguenza si forma un ampio spazio innaturale, determinato da questo mancato contatto tra denti antagonisti. Esistono 2 tipi morso aperto, a seconda della zona della bocca che è coinvolta: morso aperto anteriore: quando gli incisivi non si chiudono bene tra loro; morso aperto posteriore: quando i denti nelle zone posteriori non vanno a contatto tra loro (su un lato o su entrambi). Conseguenze del morso aperto Perché questa malocclusione rappresenta un problema per l’adulto o il bambino che ne soffre? Perché non permette ai denti di funzionare come dovrebbero. Se – per esempio – i denti davanti di tuo figlio non riescono a chiudersi bene tra loro, è chiaro che farà fatica a incidere il cibo. Se invece sono i suoi denti posteriori a non chiudersi da un lato, non riuscirà a macinare adeguatamente il cibo da quella parte. Quando parliamo di morso aperto, quindi, non ci riferiamo solo a un problema estetico, ma di una vera e propria malocclusione, che ha conseguenze negative sull’intera funzionalità della bocca. Morso aperto: le cause All’origine di questo difetto dentale possono esserci diverse cause: ecco le principali. Genetica Gran parte delle persone che hanno un morso aperto soffrono di questo problema a causa di una componente genetica. Se il paziente ha la mamma, il papà o un nonno colpiti da questa particolare condizione, è possibile che anche lui possa soffrirne. Postura scorretta della lingua Se la lingua del bambino ha una postura scorretta – per esempio è troppo bassa oppure è troppo ingombrante – tenderà a spingere continuamente contro i denti, impedendogli di erompere (fuoriuscire) e di andare a contatto tra loro. Deglutizione infantile Nel corso degli anni, il bambino cambia il suo modo di deglutire. Quando è ancora un lattante, mette la lingua tra le gengive e stringe le labbra per creare un sigillo che gli permette di deglutire senza ingerire aria. Quando i denti anteriori cominciano a comparire, la lingua impara a rimanere dietro agli incisivi, e non tra le 2 arcate come accadeva in età neonatale. Tuttavia, alcuni bambini mantengono la deglutizione infantile oltre il periodo ritenuto normale e – per questo motivo – possono sviluppare il morso aperto. Respirazione con la bocca Le persone con problemi respiratori, causati da deviazioni del setto nasale, allergie o da altre patologie, tendono a respirare con la bocca aperta. Questo fa sì che la mandibola mantenga una posizione scorretta verso il basso, per compensare quest’incapacità di respirare con il naso. A causa di ciò, quindi, le ossa tendono a crescere in modo molto più verticale o più orizzontale di quanto dovrebbero. Di conseguenza, anche i denti si trovano in una posizione più bassa del normale, impedendo al paziente di chiudere la bocca correttamente. Abitudini viziate Un altra causa comune del morso aperto sono le abitudini viziate, tra le quali il succhiamento del pollice è tra le peggiori. Se in età infantile è normale che il bambino continui a succhiare il pollice (o l’indice, o il ciuccio), in età più avanzata diventa una condizione dannosa. In pratica, questi ostacoli che impediscono alle arcate dentali di entrare bene in contatto, alla lunga finiscono per creare un morso aperto molto accentuato. Come si corregge il morso aperto Tra tutte le malocclusioni, il morso aperto è una di quelle più difficili da trattare, perché ha un’altissima probabilità di ripresentarsi dopo poco tempo. Gli studi ci dicono che in media dopo 5 anni dal trattamento quasi il 25% dei pazienti torna dal dentista per correggere di nuovo il problema. Il motivo è che spesso gli ortodontisti sono più concentrati sul risolvere gli effetti della malocclusione, invece delle cause che l’hanno originata. In ogni caso, la soluzione al morso aperto è quasi sempre multidisciplinare. Oltre all’ortodontista, spesso infatti coinvolge otorini, logopedisti o chirurghi, a seconda della gravità e della causa del problema. Per esempio, se il morso aperto dipende da un malfunzionamento della lingua, un logopedista può insegnare al bambino degli esercizi per rieducarla a funzionare correttamente. Ma come si svolge il trattamento ortodontico vero e proprio? Prendiamo in esame il caso di un morso aperto anteriore, che può essere risolto in 3 modi diversi, a seconda della natura del problema. Se i denti anteriori: sono molto sventagliati, allora bisognerà inclinarli verso l’interno; non sono cresciuti abbastanza in verticale, allora dovremo aiutarli a crescere di più in questa direzione; sono cresciuti meno di quelli posteriori, allora bisognerà “intrudere” questi ultimi, ovvero spingerli più in su. Apparecchio per morso aperto Qual è il dispositivo ortodontico migliore per correggere questo difetto? Gli allineatori Invisalign sono eccellenti per risolvere la maggior parte delle malocclusioni: tuttavia, in questo caso hanno bisogno di un aiuto per essere davvero efficaci. Oltre agli allineatori, infatti, spesso è necessario applicare sulle arcate anche delle miniviti (TADS), una specie di piercing su cui possiamo ancorarci per intrudere i denti posteriori (o estrudere quelli che sono in morso aperto). Se invece il problema nasce da uno scorretto sviluppo delle ossa e ormai il bambino è a fine crescita, potrebbe essere necessario un intervento combinato ortodontico-ortognatico. L’ortodontista si occupa spostare i denti nella loro posizione ideale, mentre il chirurgo maxillo-facciale corregge le ossa e le riporta alla loro forma corretta. Spesso, noi ortodontisti tendiamo a iper-correggere i pazienti con questo disturbo, proprio perché questo tende a ripresentarsi entro 5 anni. Di conseguenza, non spaventarti se il risultato finale è
Canini inclusi: quali soluzioni per farli scendere?

L’inclusione dei canini è una particolare condizione per cui uno o più canini definitivi non riescono a spuntare dalla gengiva entro il periodo di crescita. In altri articoli, abbiamo già affrontato le cause e gli esami necessari per accertare se tuo figlio ne soffre. Oggi invece parleremo delle soluzioni che il tuo dentista dovrebbe proporti per risolverla. I canini inclusi devono essere gestiti in 2 modi diversi, a seconda dell’età di tuo figlio, ovvero se è in: dentizione mista: sta ancora ancora crescendo e non ha ancora tutti i denti permanenti; dentizione permanente: ha già tutti i suoi denti definitivi (tranne ovviamente il canino). Ecco come in MP DENTAL STUDIO affrontiamo queste 2 diverse situazioni. Paziente in fase di crescita Se tuo figlio sta ancora crescendo (massimo 8-9 anni) siamo ancora in tempo per creare le condizioni per favorire la fuoriuscita dei canini, intercettando il problema prima che si complichi. Sono 3 le modalità con le quali possiamo correggere il suo problema: 1. Togliere il canino da latte Quando la corona del canino incluso si trova tra la radice dell’incisivo laterale e il premolare, la soluzione è estrarre il canino da latte. Così facendo, gli studi ci dicono che c’è il 60-70% di probabilità che il dente scenda da solo, senza fare nient’altro. Questo perché togliendo il dente da latte si crea una sorta di tunnel che permette al canino definitivo di uscire senza particolari resistenze. Tuttavia, ciò è valido solo se il canino incluso non è troppo storto. Nel caso la sua inclinazione fosse troppo accentuata, togliere il dente da latte non sarebbe sufficiente per far uscire il canino spontaneamente. 2. Togliere il canino da latte e il premolare Di solito, l’ultimo dente a scendere in ordine di tempo è il canino, preceduto dal premolare. Ciò significa che il primo si trova più in alto all’interno dell’osso, mentre il secondo più in basso. Queste posizioni fanno sì che – se c’è poco spazio – il premolare possa impedire al canino definitivo di scendere correttamente. Per risolvere questi casi, quindi, decidiamo di togliere entrambi questi denti da latte, creando un varco in cui il premolare uscirà molto velocemente. In questo modo si allontanerà dal canino definitivo, lascandogli uno spazio agevolato per fuoriuscire senza problemi. 3. Allargare le basi ossee Se il canino non esce perché non trova spazio tra l’incisivo laterale e il molare da latte, la soluzione è allargare le ossa della mascella (o della mandibola). Attraverso un trattamento ortodontico con allineatori, possiamo quindi creare lo spazio necessario per permettere al canino di fuoriuscire indisturbato. A volte, però, questo non è sufficiente e quindi dovremo aiutare ulteriormente il dente a uscire. Per farlo – anche qui – possiamo togliere il canino da latte e/o il molare da latte. Di conseguenza, oltre a creare un tragitto più facile per il dente, creiamo un maggiore spazio affinché possa scendere. Paziente in dentizione permanente Se tuo figlio ha ormai già tutti i denti definitivi (meno il canino o i canini inclusi), dovremo trattarlo in un modo completamente diverso. La giusta strada da percorrere dipende in gran parte dalla causa che ha portato il canino a non uscire: Se non è uscito per mancanza di spazio In questi casi l’approccio più corretto (e meno invasivo) è allargare le basi ossee il più possibile tramite apparecchi ortodontici – come gli allineatori – e poi togliere il canino da latte. Una volta fatto ciò, aspettiamo 6 mesi e valutiamo come si è evoluta la situazione. Se siamo riusciti a creare uno spazio sufficiente, il canino potrà cominciare a muoversi e quindi a uscire da solo. Se non è uscito per mancanza di spazio e perché è mal posizionato Se invece il canino non esce perché non ha spazio e anche perché è mal posizionato verso il palato, dovremo recuperarlo con una particolare terapia ortodontica. In questi casi risulta preziosa la cone beam, una radiografia tridimensionale che ci permette di sapere con precisione in che punto si trova il canino. Una volta capito dov’è, eseguiamo un intervento chirurgico in cui rimuoviamo la gengiva che ricopre la corona del canino incluso e applichiamo su quest’ultima un attacco ortodontico. Quindi mettiamo una medicazione che impedisce alla gengiva di richiudersi e aspettiamo alcuni mesi. Spesso questa manovra è sufficiente per favorire l’uscita spontanea del canino. Se invece dopo un certo periodo notiamo che rimane fermo, possiamo cominciare a recuperarlo “tirandolo” per mezzo di un apparecchio ortodontico. Se il canino incluso è rivolto verso l’esterno Nel caso in cui il canino incluso fosse posizionato verso la guancia o il labbro, dobbiamo applicare un approccio diverso. Infatti, la gengiva interna e quella esterna hanno caratteristiche opposte: quella rivolta verso il palato è molto robusta, mentre quella esterna è più delicata. Tagliare quest’ultima, quindi, significherebbe creare un danno alla futura gengiva che contornerà il canino: infiammazioni e ritiri gengivali diventerebbero una costante per tuo figlio. In questi casi, quindi, operiamo un recupero “a cielo chiuso“. Cosa vuol dire? Dopo aver messo l’apparecchio su tutti gli altri denti, facciamo un intervento chirurgico per scoprire la corona del canino e su di essa agganciamo una catenella metallica. Poi, cominciamo a tirare piano piano il canino tramite questa catenella e in questo modo – dopo alcuni mesi – il dente uscirà dalla gengiva senza danneggiarla. Vuoi saperne di più sui trattamenti che offriamo per risolvere l’inclusione dei canini? Prenota la prima visita ortodontica di tuo figlio in MP DENTAL STUDIO, oppure chiamaci allo 0456702400.
Canini inclusi: tuo figlio ne soffre? Ecco come scoprirlo

In un articolo precedente abbiamo parlato dei fattori di rischio e delle cause che determinano l’inclusione dei canini. Si tratta di una condizione abbastanza diffusa tra i bambini, che si verifica quando i canini definitivi non riescono a fuoriuscire dalla gengiva quando dovrebbero. In questo nuovo articolo approfondiremo quali sono gli esami a cui dovresti sottoporre tuo figlio per capire se ne è soggetto. Quando lo porterai in visita dall’ortodontista, verrà sottoposto a 2 tipi di esame: uno clinico e l’altro radiologico. Scopriamoli insieme. Esame clinico Durante questa visita, l’ortodontista verifica in prima persona se davvero il canino (o i canini) definitivo di tuo figlio non è ancora spuntato fuori. Per fare questa valutazione, il clinico tasta la gengiva esterna (verso la guancia) e quella interna (verso il palato), per cercare di percepire il canino. Se dovesse sentirlo, a quel punto si aprono 2 scenari diversi: se il canino è superficiale, può essere che in realtà non sia davvero incluso, ma solo un po’ in ritardo nell’eruzione. In tal caso, si rimanda tutto a una seconda valutazione dopo 6 mesi; se invece l’ortodontista dovesse percepire un bozzo molto marcato (o non percepirlo del tutto), a quel punto ordinerà ulteriori esami radiografici. Esami radiografici Una serie di radiografie permette di ottenere una diagnosi molto più oggettiva rispetto alla valutazione clinica. Di solito in MP DENTAL STUDIO eseguiamo 2 tipi di esami radiografici: panoramica cone beam Panoramica La panoramica (ortopantomografia) è una radiografia a bassa esposizione che svolgiamo di routine su tutti i nostri pazienti. È un esame per certi versi limitato – ci fornisce infatti un’immagine a sole 2 dimensioni – ma che ci permette di valutare numerosi aspetti importanti, ovvero: la forma della radice del canino incluso. Per esempio, se il dente ha una radice a forma di uncino, sarà più difficile “pescarlo” e riportarlo nella giusta posizione; la posizione del canino. Nel caso in cui fosse mal posizionato rispetto agli altri denti, conoscere questo dato permette di valutare a priori se sia il caso di recuperarlo oppure di toglierlo; se il canino è presente o è agenesico; se il canino incluso (nel caso lo sia davvero) sta spingendo sulle radici dei denti vicini, facendole riassorbire. Quest’ultimo punto è particolarmente delicato. Il riassorbimento radicolare non è da sottovalutare e spesso colpisce il dente che dovrebbe fare da guida alla fuoriuscita del canino: l’incisivo laterale. Se quest’ultimo ha una radice debole, la pressione del canino su di essa può farla riassorbire in modo importante, mettendo a rischio la sopravvivenza dell’incisivo stesso. A volte il canino si trova in posizioni tali da causare danni anche più gravi. Per esempio, quando si trova in orizzontale rispetto agli altri denti, può scontrarsi con diverse radici, facendole riassorbire tutte. Per tutte queste ragioni, la panoramica si rivela uno strumento indispensabile per eseguire le prime valutazioni rispetto all’inclusione dei canini. Se la radiografia ci conferma che il dente è effettivamente incluso, passiamo all’esame successivo: la cone beam. Cone beam La cone beam è una radiografia tridimensionale ad alta definizione che mostra l’anatomia della zona in cui è presente il canino e i denti vicini. È un apparecchiatura a basso dosaggio di radiazioni, per cui è particolarmente adatta ai bambini, a differenza delle TAC che si facevano fino a poco tempo fa. È un esame essenziale perché ci dice quello che la semplice panoramica non ci permette di capire, per esempio se il canino è rivolto verso la guancia o il palato. Consente anche di analizzare la relazione tra questo dente e le strutture delicate vicine – come seni mascellari e nervi – per non rischiare di danneggiarle. Inoltre, permette di valutare la quantità di osso che sta incarcerando la corona del canino. Si tratta di un dato importante, perché ci dà un’idea precisa se l’intervento per far uscire il dente sarà impegnativo oppure no. Inoltre, in alcuni casi la cone beam può rivelare se il canino è in anchilosi, ovvero se non è uscito perché è letteralmente fuso con l’osso. In questi casi, sarà impossibile da recuperare e non si potrà fare altro che levarlo. Conclusione L’esame clinico, la panoramica e la cone beam sono 3 esami indispensabili per determinare con assoluta precisione se i canini di tuo figlio sono davvero inclusi. Questo iter – che coniuga esperienza professionale e tecnologia – ci permette di agire con cognizione di causa, individuando le terapie più adatte per risolvere il suo problema. Se sospetti che il tuo bambino soffra di inclusione dei canini, prenota la sua prima visita ortodontica in MP DENTAL STUDIO o chiamaci allo 0456702400.